martedì 31 dicembre 2013

Auguri di Buon Anno!

"La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo
 È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; 
diventerà un dogma religioso riaffermarle. 
È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate.  
Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l'incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili
Guarderemo l'erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. 
Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto."

G.K. Chesterton, Eretici, Lindau, Torino, 2010, pp.243 (originale del 1905)

martedì 24 dicembre 2013

La Festa del 25 Dicembre è storicamente accertata

1. PREMESSA

Ci sembra utile introdurre ricordando che il Natale, seppur sia certamente la festa dell’anno certamente più amata da ogni persona, non corrisponde a quella più importante all’interno del cristianesimo cattolico. Se, infatti, Gesù fosse nato ma non fosse risorto, resterebbe soltanto uno dei tanti grandi saggi che hanno popolato la storia dell’umanità (come Platone, Aristotele, Gandhi, Confucio ecc.). Al contrario, Gesù è stato l’unico uomo della storia a dire di sé: “Io sono la via, la verità e la vita, nessuno viene al Padre se non attraverso di me” (Gv 14, 1-6), e l’unico che ha vinto l’insormontabile ostacolo dell’uomo, la morte. Per questo la celebrazione cristiana più importante è la Pasqua, giorno della sua resurrezione, la cui data è fissata storicamente ed è astronomicamente certa: il 14 del mese ebraico di Nisan, poco prima dell’inizio della festa ebraica, ovvero all’alba della domenica 9 aprile dell’anno 30 d. C , così come la data della sua morte: circa alle 15 pomeridiane del venerdì 7 aprile del medesimo anno 30.
Il Natale è per il cristiano la celebrazione di un evento biblico e salvifico, non il ricordo di una data, infatti negli stessi Vangeli non c’è nessun riferimento ad una data di nascita di Gesù, e addirittura soltanto due evangelisti su quattro parlano della nascita e infanzia del Cristo, mentre gli altri due cominciano il loro racconto dall’inizio della sua vita pubblica. Anche nel calendario cristiano il dies natalis in cui si commemora un determinato santo è il giorno della morte, non della nascita.
Soltanto nel II e III secolo i cristiani cominciarono a prendere in considerazione anche la data di nascita di Gesù, anche se con una certa diffidenza. Origene di Alessandria (185-254 d.C.) dichiara infatti che «nelle Scritture sono i peccatori, e non i santi, che celebrano la loro nascita», facendo riferimento alle “feste di compleanno” (natalia) degli imperatori. Nel 200 d.C. Clemente d’Alessandria affermò lamentandosi: «C’è poi chi, con più minuziosa pedanteria, cerca di assegnare alla nascita del Salvatore non solo l’anno, ma il giorno: e sarebbe il 25 del mese di Pachon [ossia il 20 maggio] del ventottesimo anno di Augusto» (Stromati, I,21,145.6).

vedi link UCCR



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2. IL 25 DICEMBRE HA UN’ORIGINE PAGANA?
Come affermato nell’introduzione, la vulgata corrente ritiene che il 25 dicembre sia una data convenzionale, scelta appositamente dalla chiesa primitiva per sostituire la festa pagana del Sol invictus.

Accuse varie. Alcuni utilizzano questa argomentazione come preambolo per sostenere che il cristianesimo si sarebbe imposto con la forza sul paganesimo, distruggendo e appropriandosi di tutto quanto era a lui pre-esistente. In realtà, come sappiamo, quella pagana fu una festa che decadde lentamente da sola con il trascorre del tempo, fino all’editto di Teodosio del febbraio 380 d.C. (del rapporto tra cristianesimo primitivo e paganesimo parleremo approfonditamente in altra sede, comunque). Altri si appoggiano a tale tesi per affermare l’inesistenza storica di Gesù Cristo, inventato da personaggi misteriosi che avrebbero letteralmente copiato le sue gesta dalla divinità pagana Mitra, la cui festa si celebrava appunto il 25 dicembre. In realtà le prime notizie sulla storia di Mitra risalgono al II secolo, certamente sono posteriori ai Vangeli. Christopher Butler ha catalogato i presunti paralleli tra Gesù e Mitra, trovando una enorme discordanza e nessun riferimento al 25 dicembre come il compleanno della divinità pagana (anche di questo parleremo approfonditamente in un altro articolo). Qualcuno infine sostiene che il Natale cristiano non si basi affatto sul “Sol Invictus”, ma sulle feste “Saturnali” dedicate all’insediamento nel tempio del dio Saturno. In realtà esse non sono mai state celebrate il 25 dicembre, si svolgevano dal 17 al 23 dicembre e non avrebbe avuto alcun senso far cadere il Natale cristiano dopo due giorni dal termine delle celebrazioni.

Descrizione dei fatti. Rimaniamo sull’origine pagana del Natale di Cristo, come tentativo di scalzare la festa del Sol Invictus. Nei primi due secoli la data di nascita del Cristo non era la stessa per tutti i luoghi: in Oriente alcuni celebravano il Natale il 20 maggio, altri il 20 aprile; altri ancora il 17 novembre. In Occidente in alcune zone si celebrava il 28 marzo; mentre in altre regioni già si era scelto il giorno del 25 dicembre. Solo nel IV secolo in Occidente si pervenne ad una concordanza su questa data, fissando in tal modo l’attenzione sulla realtà umana di Cristo.
La prima data in cui si certifica chiaramente la festa cristiana del 25 dicembre è il 336 d.C., ovvero quando venne scritta la Depositio Martyrum, un primo tentativo di calendario liturgico, nel quale accanto al 25 dicembre si legge: “natus Christus in Betleem Iudeae”. Tuttavia nel 275 d.C., sessantuno anni prima, l’imperatore romano Aureliano eresse un tempio a Roma, istituendo un collegio sacerdotale e fissando la data del dies natalis del Sol invictus al 25 dicembre. Tale festa avveniva durante il solstizio d’inverno (la “rinascita” del sole), ovvero tra il 22 e il 24 dicembre (nell’emisfero Nord). Occorre precisare che nessuna fonte storica contemporanea ad Aureliano, o a lui precedente, testimonia una festa del sole il 25 dicembre. La prima attestazione in questo senso risale alla Cronografia del 354 (detta anche Calendario filocaliano), un composito testo cristiano databile appunto nel 354 d.C. e redatto a Roma. Nello stesso documento (nella 12° parte) compare anche il già citato Depositio Martyrum, del 336 d.C., in cui si riporta il festeggiamento della nascita di Cristo al 25 dicembre.
Non c’è dunque certezza su chi abbia per primo usato la data del 25 dicembre come festa propria: sono stati i cristiani a far calare la nascita di Cristo sulla festa del Sole Invitto, sono stati i pagani a tentare di contenere l’esplosione della nuova religione nell’impero romano, oppure le due date sono state scelte in modo indipendete?

Sostenitori della tesi “pagana”. Secondo diversi studiosi (H. Usener 1889, H. Lietzmann, FJ Dölger 1925 e Bernard Botte 1932), compresa anche l’enciclopedia Treccani, sarebbero stati cristiani ad “arrivare dopo”: avrebbero identificato la nascita di Gesù il 25 dicembre per “cristianizzare” la festa pagana. E’ un’ipotesi avanzata tardivamente, verso la fine del XII secolo dal vescovo siriano Jacob Bar-Salibi, il quale ha sostenuto che la festa di Natale è stata effettivamente spostata dal 6 gennaio al 25 dicembre in modo da cadere sulla stessa data della festa pagana: «era costume dei pagani celebrare al 25 dicembre la nascita del Sole, in onore del quale accendevano fuochi come segno di festività. Anche i Cristiani prendevano parte a queste solennità. Quando i dotti della Chiesa notarono che i Cristiani erano fin troppo legati a questa festività, decisero in concilio che la “vera” Natività doveva essere proclamata in quel giorno.». (J. Bar-Salibi da Christianity and Paganism in the Fourth to Eighth Centuries, Ramsay MacMullen. Yale, 1997, p. 155). Tuttavia tale spiegazione risulta essere in contrasto con il fatto che i primi cristiani erano ridicolizzati e perseguitati proprio perché non partecipavano alle feste e alle celebrazioni pagane (dato che adoravano un invisibile Dio, furono definiti “atei” dai pagani). In ogni caso l’idea è stata ripresa da studiosi dei secoli tardo XVII, sopratutto da puritani inglesi e scozzesi presbiteriani e da Paul Ernst Jablonski, un tedesco protestante con l’intenzione di dimostrare che la celebrazione della nascita di Cristo il 25 dicembre è stata una delle tante “paganizzazioni” del cristianesimo che la Chiesa del IV secolo ha abbracciato
Altri sostengono che fu l’Imperatore Costantino -cultore del Dio Sole prima di abbracciare la fede cristiana- a trasformare nel 330 d.C. la festa pagana del Deus Sol Invictus del 25 dicembre in festa cristiana. Infatti nei primi tre secoli del Cristianesimo, la nascita di Cristo aveva date diverse: 18 aprile, 29 maggio, per S.Cipriano era il 28 marzo, secondo Clemente Alessandrino il 20 maggio o il 10 gennaio o il 6 gennaio, poi prevalse la decisione di Costantino. La nostra tradizione avrebbe cominciato a festeggiare il Natale il 25 dicembre dopo il Concilio di Nicea (325), quando il cristianesimo si diffuse grazie alla libertà di culto.

Obiezioni e sostenitori della tesi “cristiana”. La pensano diversamente altri studiosi. Essi sottolineano innanzitutto che la prima citazione della celebrazione del Natala cristiano al 25 dicembre proviene da Ippolito di Roma (martirizzato nel 235 d.C.), quando nel suo Commentario su Daniele risalente al 203 d.C., scrive: «La prima venuta di nostro Signore, che nella carne, nella quale egli nacque a Betlemme, ebbe luogo otto giorni prima delle calende di gennaio», vale a dire otto giorni prima del 1° gennaio, cioè il 25 dicembre. Dunque l’uso di tale data da parte dei cristiani sarebbe accertata 133 anni prima di quella usata per il Sol Invictus (336 d.C.), tuttavia su questo passo di Ippolito non c’è una unanimità di consensi: per alcuni esegeti è considerato come interpolato successivamente (cfr. B. Altaner, O. Bardenhewer e F. X. Funk), mentre altri lo vedono come autentico (W. Bauer, A. Harnack e M. Lefèvre). Il documento unanimemente accettato rimane dunque quello che attesta tale data al 336 d.C. Lo studioso Michele Loconsole, ha affermato anche che la Chiesa primitiva, soprattutto d’Oriente, aveva fissato la data di nascita di Gesù al 25 dicembre già nei primissimi anni successivi alla sua morte. Il dato è stato ricavato dallo studio della primitiva tradizione di matrice giudeo-cristiana – risultata fedelissima al vaglio degli storici contemporanei – e che ha avuto origine dalla cerchia dei familiari di Gesù, ossia dalla originaria Chiesa di Gerusalemme e di Palestina. Steven Hijmans, docente di arte romana e archeologia presso l’University of Alberta, ha sostenuto che «rappresentare la religione pagana come una potenziale minaccia al cristianesimo, non è supportata da alcuna prova evidente. L’affermazione che il 25 dicembre era un festa particolarmente popolare per il Sol Invictus nella tarda antichità è altrettanto infondata [...]. non vi è alcuna prova che Aureliano istituì una celebrazione del Sol Invictus in quel giorno. Non vi è alcuna prova che una celebrazione religiosa del Sol Invictus in quel giorno abbia preceduto la celebrazione del Natale». Nel suo studio egli mette fortemente in dubbio la tesi che il Natale sia stato istituito il 25 dicembre per contrastare una popolare festa pagana.
Si sottolinea inoltre che prima del 354 d.C, ancora durante il regno di Licinio (imperatore dal 308 al 324 d.C.) il culto al dio solare veniva celebrato il 19 dicembre, e non il 25 (cfr. l’iscrizione citata da Allan S. Hoey, Official Policy towards Oriental Cults in the Roman Army, Transactions and Proceedings of the American Philological Association (70) 1939, pp 456-481, a p. 480, nota 128, citato da M. Loconsole, “La festa del Natale precede quella pagana del dio sole“, Zenit 6/01/10 e W.J. Tighe, Calculating Christmas). Si aggiunge poi che questa antica festa astronomica veniva celebrata anche in diverse altre date dell’anno, tra cui spesso veniva scelto il periodo compreso tra il 19 e il 22 ottobre. Quella del 25 dicembre si sarebbe imposta soltanto dopo la metà del IV secolo d.C. (cfr. M. R. Salzman, New Evidence for the Dating of the Calendar at Santa Maria Maggiore in Rome, Transactions of the American Philological Association (111) 1981, pp. 215-227, a p. 221, citata da M. Loconsole, “La festa del Natale precede quella pagana del dio sole“, Zenit 6/01/10).
Secondo Thomas Talley, l’imperatore Aureliano avrebbe inaugurato la festa del Sol Invictus cercando di dare nuova vita – una rinascita – ad un morente Impero Romano. E’ molto più probabile, egli sostiene, che l’azione dell’imperatore sia stata una risposta alla crescente popolarità e alla forza della religione cattolica, che celebrava la nascita di Cristo il 25 dicembre, e non il contrario (T. Talley, The Origins of the Liturgical Year, Collegeville, MN: Liturgical Press, 1991, pag. 88-91). Aureliano, lo ricordiamo, fu effettivamente un forte persecutore di cristiani.
Inoltre diversi autori cristiani contemporanei ai fatti, come Ambrogio (c. 339-397) hanno avanzato una connessione tra il solstizio d’inverno e la nascita di Gesù, descrivendo Cristo come il vero sole che ha eclissato gli dei caduti del vecchio ordine, ma mai alludendo a una “operazione politica” della Chiesa, piuttosto osservando la coincidenza come un segno provvidenziale, come prova naturale che Dio aveva scelto Gesù nel corso dei falsi dei pagani. Si fa anche presente che a Petovio (l’attuale Ptuj, in Slovenia), è stata recuperata la testimonianza di Vittorino che verso la fine del III secolo afferma: «Abbiamo trovato, tra le carte di Alessandro, che fu Vescovo a Gerusalemme, ciò che egli trascrisse di suo pugno da documenti apostolici: l’ottavo giorno delle calende di gennaio [ossia il 25 dicembre] è nato Nostro Signore Gesù Cristo, sotto il consolato di Sulpicio e Camerino […]» Alessandro morì nel 251 d.C. Inoltre, lo riprenderemo più avanti, occorre tenere presente che la festività dell’Annuncio dell’arcangelo Gabriele a Zaccaria è una festa presente nella Chiesa primitiva giudeo-cristiana fin dal I secolo, e che la sua memoria al 23 settembre faceva ricavare conseguentemente la nascita di Gesù all’incirca 15 mesi dopo, cioè al 25 dicembre (il motivo sarà esplicitato più sotto).
Occorre anche ricordare che fino a quando non è stato pubblicato l’Editto di Milano (313 d.C.), i cristiani erano fortemente perseguitati e si rifugiavano frequentemente nelle catacombe. Quindi, anche se avessero festeggiato il Natale al 25 dicembre non lo avrebbero certo fatto in modo pubblico, inoltre fin da subito hanno rivendicato una propria identità in opposizione al loro ambiente culturale, soprattutto in relazione ad altre religioni. Esisterebbero infatti inni e preghiere dei primi cristiani che mostrano il festeggiamento del Natale prima dell’Editto di Costantino (Daniel-Rops, Prières des Premiers Chrétiens, Paris: Fayard, 1952, pp 125-127, 228-229, citato in M.T. Horvat, Christmas Was Never a Pagan Holiday). Si ricorda infine quanto dice Agostino di Ippona nel 400 d.C., il quale parla di un gruppo locale di dissidenti cristiani, i donatisti, i quali festeggiavano il Natale il 25 dicembre, rifiutandosi però di celebrare l’Epifania il 6 gennaio, considerandola come una novità. Dal momento che il gruppo donatista è emerso solo durante la persecuzione nel 312 d.C, sotto Diocleziano nel 312 d.C., per poi rimanere ostinatamente attaccato alle pratiche di quel momento, questa sembra una tesi a favore della originalità cristiana. Come già detto, infatti, la prima data certa che attesta al 25 dicembre la festa pagana del Sol Invictus è datata 336 d.C.
La stessa tesi è sostenuta infine anche da William J. Tighe, docente di storia presso il Muhlenberg College di Allentown (Pennsylvania). Egli spiega chiaramente che «la scelta del 25 dicembre è il risultato di tentativi tra i primi cristiani di capire la data di nascita di Gesù in base a calcoli calendariali, che non avevano niente a che fare con le feste pagane. Piuttosto, la festa pagana della “Nascita del Sole Invitto”, istituita dall’imperatore romano Aureliano il 25 dicembre 274, fu quasi certamente un tentativo di creare una valida alternativa pagana a una data che era già di una certa importanza per i cristiani romani»

La “tesi pagana” non imbarazza i cristiani. Volendo comunque dare credito alla prima tesi, ovvero all’originalità pagana della festa, alcuni parlano di usurpazione impropria e illegittima da parte della Chiesa cristiana, finalizzata a “ingannare” il popolo. In realtà, come spiegato sull’Enciclopedia Treccani, in qualunque incontro tra culture diverse fenomeni di assimilazione e sostituzione sono comuni: il cristianesimo primitivo ha preferito coglierne il significato simbolico e trasferirlo in Cristo, così come ha valorizzato diversi elementi della cultura greco romana (pensiamo ai termini “tempio”, “sacerdote”, “pontefice”, l’aureola, i concetti di sostanza, logos, anima o i numerosi templi pagani dell’impero non distrutti ma convertiti al culto cristiano). L’inculturazione della fede è un fenomeno normale, comune e legittimo della vita della Chiesa, si tratta della trasformazione, dell’integrazione e del potenziamento dei valori che si incontrano nelle civiltà in cui si innesta il cristianesimo. Esse non vengono cancellate, ma valorizzate attraverso una spiritualità nuova. L’importante, teologicamente parlando, è che essa non produca l’abbandono di alcuni dogmi cristiani o l’introduzione di credenze pagane, producendo così una nuova religione sincretistica, ma questo ovviamente non è il caso della natalità di Cristo, la cui vicenda rimane unica, irripetibile e radicale. Come ha spiegato Elesha Coffman, storica presso la Waynesburg University, è stato «uno sforzo per rimodellare la cultura -anche le festività- in modo positivo».
A conferma della legittimità della Chiesa di questa inculturazione del paganesimo, troviamo tra i sostenitori di tale tesi anche Benedetto XVI, il quale nel 2006 ha sostenuto la stessa ipotesi dimostrando che aderire ad essa non comporta affatto nessun imbarazzo per i cristiani. Ha scritto infatti: «Il mondo in cui sorse la festa di natale era dominato da un sentimento che è molto simile al nostro [...]. Il 25 dicembre, al centro com’è dei giorni del solstizio invernale  doveva essere commemorato come il giorno natale, ricorrente ogni anno, della luce che si rigenera in tutti i tramonti [...] Quest’epoca, nella quale alcuni imperatori romani avevano cercato di dare ai loro sudditi  in mezzo all’inarrestabile caduta delle antiche divinità, una fede nuova con il culto del sole invitto, coincide col tempo in cui la fede cristiana tese la sua mano all’uomo greco-romano. Essa trovò nel culto del sole uno dei suoi nemici più pericolosi. Tale segno, infatti, era posto troppo palesemente davanti agli occhi degli uomini, in maniera molto più palese e allettante del segno della croce, col quale procedevano gli araldi cristiani. Ciononostante, la fede e la luce invisibile di questi ultimi ebbero il sopravvento sul messaggio visibile, col quale l’antico paganesimo aveva cercato di affermarsi. Molto presto i cristiani rivendicarono per loro il 25 dicembre il giorno natale della luce invitta, e lo celebrarono come natale di Cristo, come giorno in cui essi avevano trovato la vera luce del mondo. Essi dissero ai pagani: il sole è buono e noi ci rallegriamo non meno di voi per la sua continua vittoria, ma il sole non possiede alcuna forza da se stesso. Può esistere e aver forza solo perché Dio lo ha creato. Esso ci parla quindi della vera lu­ce, di Dio. E il vero Dio che si deve celebrare, la sorgente originaria di ogni luce, non la sua opera, che non avrebbe alcuna for­za da sola».
Il Pontefice ha quindi concluso la sua riflessione: «sentiamo che il dialogo del cristiano con gli adoratori romani del sole è, al tempo stesso, il dialogo del credente di oggi col suo fratello incredulo è il dialogo incessante tra fede e mondo [...]. Noi possediamo la certezza divina che la luce ha già vinto nella profondità occulta della storia e che tutti i progressi del male nel mondo, per grandi che essi siano, non possono assolutamente cambiare le cose. Il solstizio invernale della storia si è irrevocabilmente verificato con la nascita del bambino di Betlemme» (J. Ratzinger, Chi ci aiuta a vivere? Su Dio e l’uomo, Queriniana 2006, pagg. 97-103).



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3. IL 25 DICEMBRE HA UN’ORIGINE CRISTIANA-SIMBOLICA?
Diversi studiosi hanno avanzato un’altra tesi rispetto a quella precedentemente esposta: hanno anch’essi appoggiato l’idea per la scelta del 25 dicembre sia stata convenzionale/simbolica da parte della chiesa primitiva, ma affermano che essa sia stata identificata usando criteri indipendenti e non necessariamente legati alle feste pagane, anche se sovrapponibili.

Ipotesi del calcolo. Per la scelta del 25 dicembre, in modo indipendente dalla festa pagana, ci sarebbe la cosiddetta ipotesi del calcolo o “teoria computazionale”, ed è stata suggerita da L. Duchesne (1889), H. Engberding (1949) e ripresa da Thomas Talley (1991). Essa, si basa sulla tradizione dei patriarchi ebrei che vuole che essi siano morti nella data del loro compleanno (calcolando con un numero intero di anni, dato che le frazioni di anni erano ritenute imperfezioni): essendo il Cristo un essere perfetto, anche per lui la data del giorno in cui fu concepito doveva essere la stessa data della sua morte, così da rendere perfetto il ciclo delle feste. Nel 207 d.C. Tertulliano ha identificato come data di morte del Cristo il 25 marzo (8° giorno alle calende d’Aprile) dell’anno 29 (cfr. Tertulliano, Contro i Giudei 8,18), una scelta certamente simbolica, legata all’equinozio di primavera del calendario romano (il giorno perfetto, dove la notte ed il giorno si equilibrano) e alla ipotetica creazione del mondo secondo la tradizione ebraica (come del sacrificio di Abramo e del passaggio del mare rosso). Assumendo tale data, anche il concepimento del Cristo (l’annuncio a Maria) sarebbe avvenuto il 25 marzo e dunque la nascita nove mesi dopo, al 25 dicembre (solstizio d’inverno).
S. Agostino è testimone della tradizione secondo cui Cristo fu concepito e morì il 25 marzo: “Octavo enim Kalendas apriles conceptus creditur quo et passus» (De Trinitate IV, 5 ; cf. De diversis quaestionibus, 56) e la stessa cosa affermò nel 221 d.C. Sesto Giulia Africano, il quale nel suo Chronographiai, pose al 25 marzo sia la data della passione di Cristo che quella dell’annuncio a Maria (concepimento di Gesù). Abbiamo poi già citato Ippolito di Roma, il quale nel 203 d.C. certifica la festa del Natale cristiano al 25 dicembre, anche se in molti lo ritengono un’informazione aggiunta posteriormente e la testimonianza di Vittorino sul vescovo di Gerusalemme, Alessandro, il quale, prima del 251 d.C. affermò il 25 dicembre come festa cristiana.
Una variante della stessa tesi è basata sull’astronomia: secondo le idee del tempo si riteneva che la creazione del mondo fosse avvenuta all’equinozio di primavera, assegnato allora al 25 di marzo (non al 21). Ragionando secondo questa idea, si riteneva che anche la seconda creazione, ossia la concezione di Cristo nel seno di Maria, doveva essere avvenuta il 25 di marzo. Ne derivava di conseguenza che la nascita del Salvatore andava assegnata al 25 dicembre, nove mesi dopo la sua concezione.

Ipotesi del Cristo-Luce del mondo. Un’altra considerazione, con basi astronomiche ma anche bibliche, confermava gli antichi in questo loro ragionamento. E’ noto infatti come verso il 25 dicembre il sole riprende la sua ascesa dopo il solstizio invernale. Era questo un particolare che induceva gli antichi a collegarvi il sorgere dei Sole di giustizia, che è Cristo Signore. E’ molto probabile infatti che i cristiani abbiano interpretato il ben radicato simbolismo solare presente nelle Scritture come profezia dell’incarnazione di Dio in Gesù Cristo, scegliendo quindi la data del 25 dicembre (solstizio d’inverno). Ad esempio il profeta Malachia fa dire a Dio: «la mia giustizia sorgerà come un sole e i suoi raggi porteranno la guarigione…il giorno in cui io manifesterò la mia potenza, voi schiaccerete i malvagi» (Libro di Malachia, 3, 20-21). Questa analogia tra la manifestazione di Dio e il sorgere del sole risale al Libro di Isaia (Is 30, 26 e Is 62, 1) ed è ripreso anche nel Libro della Sapienza (Sap 5, 6). Sarà lo stesso Gesù ad applicarle a se stesso le parole di Isaia (Matteo, 4, 16), come fece anche in questa occasione: «Io sono la luce del mondo. Chi crede in me non cammina nelle tenebre» (Gv, 8, 12). Questa interpretazione è implicita già nel primo capitolo del vangelo di Luca (Lc 1, 79-79), in cui Zaccaria profetizza che: «Grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge, per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace» (Lc, 1, 79 s.), ed infatti nel capitolo successivo Gesù è presentato come «luce per illuminare le nazioni» (Lc 2, 32). Il simbolismo teologico “Cristo-Luce del mondo” è caratteristico anche del Vangelo di Giovanni (Gv 1, 4-9) e delle Lettere di San Paolo (ad es. Ef 5,14), esso ricorda inoltre sia la Trasfigurazione, durante la quale il volto di Cristo splendeva come il sole (Mt 17, 2), sia soprattutto la Resurrezione, di cui il risorgere quotidiano del sole può essere considerato una metafora. Anche nell’Apocalisse di Giovanni quando Cristo appare all’apostolo: «il suo volto era come il sole quando splende con tutta la sua forza» (1, 16). Anche Sant’Ambrogio (c. 339-397), come citato sopra, connette il solstizio d’inverno e la nascita di Gesù senza alludendo ad alcuna sostituzione della festa pagana, ma riconoscendo in essa un segno provvidenziale. Steven Hijmans, docente di arte romana e archeologia presso l’University of Alberta, ha sostenuto esattamente questa tesi, facendo notare come i cristiani guardassero con attenzione al solstizio d’inverno e alla considerazioni cosmiche, la sua conclusione è chiara: «E’ stato il simbolismo cosmico che ha ispirato la leadership della Chiesa di Roma per eleggere il solstizio d’inverno, il 25 dicembre, come il compleanno di Cristo, e il solstizio d’estate, come quello di Giovanni Battista, integrato dagli equinozi delle loro rispettive date di concepimento. Mentre erano a conoscenza che i pagani chiamavano questo giorno come il “compleanno” del Sol Invictus, questo non ha giocato alcun ruolo nella scelta della data per il Natale».
Una conferma di tutto questo arriva anche dall’arte: i primi cristiani avvertivano infatti la necessità di manifestare questa loro fede anche con le arti figurative. Ci sono arrivati diversi affreschi e mosaici che paragonano Cristo al sole. Un esempio per tutti si trova nella necropoli vaticana dove nel mosaico del soffitto del mausoleo M, composto tra il 150-180 d.C., abbiamo la raffigurazione di Cristo-Sole che ascende al cielo.
Secondo queste tesi, dunque, la scelta del 25 dicembre vene identificata in modo totalmente autonomo e indifferente dal fatto che la stessa data o periodo di tempo fosse già usata dalle feste pagane. Le due feste potrebbero dunque essere sorte pressoché contemporaneamente, parallelamente e senza alcuna intenzione di mutua incidenza. E’ anche possibile comunque che la volontà di sostituire la festa pagana sia coesistente alla scelta del 25 dicembre per motivi prettamente biblici-astronomici.



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4. IL 25 DICEMBRE E’ LA VERA DATA DI NASCITA DI GESU?
Altri studiosi si discostano dalle due tesi precedenti e affermano che il 25 dicembre non è affatto una data simbolica-convenzionale, ma è la vera data storicamente esatta della nascita di Cristo
Tesi archeologico-biblica. Tale tesi (qui ben spiegata in italiano) è basata sulle importanti scoperte archeologiche di Qumran, grazie al Calendario di Qumran e al ritrovamento sopratutto del Libro dei Giubilei (II secolo a.C.). L’evangelista Luca riferisce che l’arcangelo Gabriele annunciò a Zaccaria la nascita del figlio Giovanni Battista, mentre egli stava svolgendo le sue funzioni sacerdotali davanti a Dio nel tempio, nel turno di Abia (Lc 1,62). Nel 1953 la grande specialista francese Annie Jaubert ha studiato il calendario del Libro dei Giubilei, scoprendo che numerosi frammenti di tale testo dimostrano non solo che esso era stato fatto proprio dagli esseni, ma che essi lo avevano usato almeno fino al I secolo d.C. (A. Jaubert, Le calendrier des Jubilées et de la secte de Qumran. Ses origines bibliques, in “Vetus Testamentum, Suppl.” 3 (1953) pp. 250-264). Nel 1958, lo studioso ebreo Shemarjahu Talmon, docente presso l’Università di Gerusalemme, ha ricostruito le turnazioni sacerdotali degli ebrei e, applicandole al calendario gregoriano, ha scoperto che la classe sacerdotale del turno di Abia svolgeva le sue funzioni due volte l’anno, e una di esse corrispondeva all’ultima decade di settembre (cfr. The Calendar Reckoning of the Sect from the Judean Desert. Aspects of the Dead Sea Scrolls, in Scripta Hierosolym itana, vol. IV, Jerusalem 1958, pp. 162-199). Risulta dunque storicamente attendibile la data tradizionale attribuita alla nascita di Giovanni Battista (24 giugno), avvenuta nove mesi dopo l’annuncio di Gabriele a Zaccaria (23 settembre)
Altri studiosi, stimolati da tale scoperta, hanno ricostruito la “filiera” di quella tradizione dei cristiani orientali che pone proprio tra il 23 e il 25 settembre l’annuncio a Zaccaria, giungendo alla conclusione che essa proveniva direttamente dalla Chiesa primitiva, giudeo-cristiana, di Gerusalemme. Tornando alle implicazioni di tale scoperta -passata quasi inosservata, purtroppo-, se è storicamente attendibile la data della nascita di Giovanni Battista (24 giugno), avvenuta nove mesi dopo l’annuncio di Gabriele a Zaccaria (23 settembre), allora ne consegue anche il fondamento storico dell’annunciazione dell’arcangelo Gabriele a Maria (e il concepimento verginale di Gesù) avvenuta “sei mesi dopo”, quindi nel marzo dell’anno successivo (il 25 marzo, secondo il calendario cattolico, come affermato nel 221 d.C. (circa) da Sesto Giulio Africano in Chronographiai):  «vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio» (Lc 1, 26-37).
Ovviamente, infine, essendoci sei mesi di distanza tra la nascita di Giovanni Battista e Gesù, tutto questo implica che anche la data del 25 dicembre, (nove mesi dopo), per determinare la nascita di Gesù, è storicamente fondata. Di conseguenza, come spiegato dal biblista Tommaso Federici, è una data storica anche quella della santa circoncisione, avvenuta otto giorni dopo la nascita, secondo la legge di Mosè (Lev 12, 1-3) e così, quaranta giorni dopo la nascita, il 2 febbraio, la “presentazione” di Gesù al tempio.
Di questa importante tesi ne ha parlato anche Antonio Socci, ed è stata sostenuta anche da Vittorio Messori, che inizialmente aderiva all’ipotesi della scelta arbitraria da parte cristiana per contrastare la festa pagana.

L’obiezione dei pastori. Una postilla finale: contro la nascita di Gesù il 25 dicembre viene spesso citato il fatto che in Palestina i pastori, non più tardi del 15 ottobre, riportano il loro gregge al riparo per proteggerlo dal freddo, dalla pioggia e dalla neve. Nei Vangeli, invece, si legge che la notte in cui ebbero l’annuncio della nascita del Salvatore, stavano facendo la guardia al gregge all’aperto (Luca 2:8). A questa obiezione ha risposto Michele Loconsole, dottore in Sacra Teologia Ecumenica, il quale ha spiegato che i giudei distinguono tre tipi di greggi: quello composto da sole pecore dalla lana bianca, quello formato da pecore la cui lana è in parte bianca, in parte nera e quello formato da pecore la cui lana è nera: questi ultimi animali, ritenuti impuri, non possono entrare né in città né nell’ovile, neppure dopo il tramonto, quindi costretti a permanere all’aperto con i loro pastori sempre, giorno e notte, inverno e estate. Inoltre, il testo evangelico riferisce che i pastori facevano turni di guardia: fatto che appare comprensibile solo se la notte è lunga e fredda, proprio come quelle d’inverno. John Stormer ha invece dato un’altra spiegazione: i pastori solitamente trascorrono la notte nei campi con il loro gregge quando gli agnelli sono nati da poco. Le pecore diventano attraenti per i montoni dopo il 21 giugno, e il periodo di gestazione normale è di cinque mesi, così che i nuovi agnelli nascono a metà dicembre.



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5. CONCLUSIONE
Abbiamo dunque valutato le tre tesi dibattute sull’origine del 25 dicembre. Quel che sostiene la vulgata corrente -compreso Benedetto XVI, come abbiamo visto-, cioè la “cristianizzazione” di una festa pagana ha alcune buone motivazione ma esistono altrettante valide obiezioni di cui non si può non tenere conto: è infatti altrettanto probabile che siano stati i romani a “paganizzare” una festa cristiana. Valida risulta anche l’ipotesi che le due feste siano state identificate in modo totalmente indipendente le une dalle altre, i pagani per decisione di Aureliano e i cristiani in modo simbolico basandosi su riflessioni biblico-astronomiche.
Ad una osservazione oggettiva risulta tuttavia molto più attendibile la terza ipotesi, quella basata sugli studi di Annie Jaubert e sopratutto di Shemarjahu Talmon (ebreo, quindi al di sopra delle parti), i quali hanno sostenuto che la data del 25 dicembre è storicamente accertata, e di conseguenza anche tutte le date stabilite dalla tradizione cristiana che vanno perfettamente a collimare con le scoperte di Qumran: l’annuncio di Gabriele a Zaccaria della nascita di Giovanni Battista (23 settembre), la nascita di Giovanni Battista avvenuta nove mesi dopo (24 giugno), l’annuncio dell’arcangelo Gabriele a Maria (e il concepimento verginale di Gesù) avvenuta sei mesi dopo (25 marzo) e, infine, la nascita di Gesù avvenuta nove mesi dopo (25 dicembre).
In ogni caso, anche se si volesse rifiutare quest’ultima tesi e aderire alla “cristianizzazione” di una festa pagana, è importante ribadire come già abbiamo fatto che nulla ci sarebbe di imbarazzante per i cristiani: l’inculturazione manifesta quell’attitudine della chiesa primitiva a guardare con attenzione al mondo nel quale viveva colui al quale si annunciava il vangelo, per coglierne quegli aspetti che potessero aiutarlo a comprendere la novità portata dal Cristo, secondo l’adagio paolino: “Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono, fuggire ogni specie di male” (1Ts 5,21-22). La chiesa di Roma, se si vuole aderire a questa tesi, ha deciso di celebrare la festa del Natale del Signore, vera luce del mondo, proprio nel giorno in cui l’uomo pagano si rivolgeva, ormai incredulo, al Sol invictus, chiedendogli benedizione e salvezza. Nessuno può rinfacciare dunque nulla, lo conferma il fatto che lo stesso Pontefice cattolico aderisce apertamente a questa tesi, che invece per molti dovrebbe “mettere in scacco” i cristiani.

venerdì 20 dicembre 2013

La ribellione delle masse /2

"Il secolo XIX .. ha generato una casta di uomini - gli uomini-nassa ribelli - che mettono in pericolo imminente i principi stessi ai quali devono la vita. Se questo tipo umano continuerà a esser padrone dell'Europa e sarà definitivamente lui a decidere, barbarie. Le tecniche giuridiche e mmeccaniche si volatizzeranno con la stessa facilità con cui si sono perduti tanti segreti di fabbricazione. La vita intera subirà una contrazione. L'attuale abbondanza di possibilità si tradurrà in effettiva mancanza, scarsità, impotenza angosciosa: in vera decadenza. Perchè la ribellione delle masse coincide con quella che Rathenau chiamava "l'invasione verticale dei barbari". Ortega y Gasset, La ribellione delle masse, 1930, p. 85

giovedì 19 dicembre 2013

Padre Brown torna in una serie della BBC


father brown

 Il primo racconto della serie tv è legato al racconto di G.K.Chesterton su Padre Brown: Il martello di Dio. Per visionarlo andare al sito: Padre Brown tv oppure al: puntata con i sottotitoli in italiano buona visione. ... 
dal telefilm .. "Guardare il mondo dall'alto e le persone che lo popolano"

dal racconto: “Un uomo [...] prese ad amare i luoghi alti e solitari [...] e una volta [...] egli si immaginò di essere Dio. Così, sebbene egli fosse un uomo buono,commise un grande delitto [...]pensò che a lui fosse dato di giudicare il mondo e di colpire il peccatore”

sabato 7 dicembre 2013

Adozioni a Distanza, Natale 2013

Anche quest'anno con
il vostro contributo
abbiamo realizzato 28 adozioni a distanza
in Burundi con don Salvatore e in Brasile con Sr. Antonietta
(l'anno scorso erano 34)  
Grazie per la vostra generosità

mercoledì 4 dicembre 2013

Lettera alle famiglie - Novembre 2013

Carissimi, come ogni anno sono tornato a bussare delicatamente alla porta della vostra casa per aggiornarvi sulle iniziative parrocchiali e presentarvi alcuni appuntamenti in vista del Santo Natale. Mi auguro che in questo Natale, in cui ci rallegriamo per la nascita del Signore Gesù, ciascuno di voi possa fare esperienza di Lui, della sua gioia, ed essere una piccola luce di speranza nelle tenebre di questo mondo.

Come vostro parroco sento la necessità di farvi incontrare con Cristo Gesù. È Lui che con la sua nascita è venuto ad illuminare gli angoli più bui e tetri del cuore di ogni uomo. Vi invito pertanto a riflettere e a prepararvi al Santo Natale con alcuni brani dei papi del nostro tempo

Papa Pio XII parlava del 'nemico' che il bambino Gesù è venuto a sconfiggere:

«Oh, non chiedeteci qual è il «nemico», né quali vesti indossi. Esso si trova dappertutto e in mezzo a tutti; sa essere violento e subdolo. In questi ultimi secoli ha tentato di operare la disgregazione intellettuale, morale, sociale dell'unità nell'organismo misterioso di Cristo. Ha voluto la natura senza la grazia; la ragione senza la fede; la libertà senza l'autorità; talvolta l'autorità senza la libertà. È un «nemico» divenuto sempre più concreto, con una spregiudicatezza che lascia ancora attoniti: Cristo sì, Chiesa no. Poi: Dio sì, Cristo no. Finalmente il grido empio : Dio è morto; anzi : Dio non è mai stato. Ed ecco il tentativo di edificare la struttura del mondo sopra fondamenti che Noi non esitiamo ad additare come principali responsabili della minaccia che incombe sulla umanità: un'economia senza Dio, un diritto senza Dio, una politica senza Dio. Il «nemico» si è adoperato e si adopera perché Cristo sia un estraneo nelle Università, nella scuola, nella famiglia, nell'amministrazione della giustizia, nell'attività legislativa, nel consesso delle nazioni, là ove si determina la pace o la guerra.
Esso sta corrompendo il mondo con una stampa e con spettacoli, che uccidono il pudore nei giovani e nelle fanciulle e distruggono l'amore fra gli sposi». (Papa Pio XII, 12 ottobre 1952)

il beato Papa Giovanni Paolo II, invitava i giovani a credere al bambino nato a Betlemme: «Cari giovani, è difficile credere in un mondo così? Nel Duemila è difficile credere? Sì! E' difficile. Non è il caso di nasconderlo. E' difficile, ma con l'aiuto della grazia è possibile, come Gesù spiegò a Pietro: "Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16,17). … In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E' Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna». B. Giovanni Paolo, 19 Agosto 2000,

Papa Benedetto XVI ci ha parlato della 'luce' che il bambino Gesù ha portato nel nostro mondo: Dio non ci lascia brancolare nel buio. Si è mostrato come uomo. Egli è tanto grande da potersi permettere di diventare piccolissimo. “Chi ha visto me ha visto il Padre”, dice Gesù (Gv 14,9). Dio ha assunto un volto umano. Ci ama fino al punto da lasciarsi per noi inchiodare sulla Croce, per portare le sofferenze dell’umanità fino al cuore di Dio. Oggi, che conosciamo le ... distruzioni dell’immagine di Dio a causa dell’odio e del fanatismo, è importante dire con chiarezza in quale Dio noi crediamo e professare convinti questo volto umano di Dio.” Benedetto XVI, 12 Settembre 2006

E papa Francesco con la sua semplicità e il suo stile ci ricorda di che natura è la luce di Cristo che inizia a splendere nel presepe: «La luce che ci offre il mondo», ha osservato il Santo Padre, «è una luce artificiale, forse forte – più forte è quella di Gesù, eh! – forte come un fuoco d’artificio, come un flash della fotografia. Invece, la luce di Gesù è una luce mite, è una luce tranquilla, è una luce di pace, è come la luce nella notte di Natale: senza pretese». Tuttavia, ha precisato Papa Francesco, anche «il diavolo tante volte viene travestito da angelo di luce: a lui piace imitare Gesù e si fa buono, ci parla tranquillamente, come ha parlato a Gesù dopo il digiuno nel deserto». Occorre stare attenti, ha insistito il Santo Padre: «La luce di Gesù possiamo conoscerla, perché è una luce umile, non è una luce che si impone: è umile. È una luce mite, con la fortezza della mitezza. È una luce che parla al cuore ed è anche una luce che ti offre la Croce. Se noi nella nostra luce interiore siamo uomini miti, sentiamo la voce di Gesù nel cuore e guardiamo senza paura la Croce: quella è luce di Gesù». Se, invece, la luce «ti rende orgoglioso» e «ti porta a guardare gli altri dall’alto», quella «non è luce di Gesù: è luce del diavolo, travestito da Gesù, da angelo di luce». «Sempre dove è Gesù c’è umiltà, mitezza, amore e Croce» 3 Settembre 2013

La benedizione del Signore Gesù e la luce di Betlemme illumini ognuna delle vostre famiglie e protegga ognuno di voi.

Buon Natale. Con amicizia don Alessandro

lunedì 2 dicembre 2013

La ribellione delle masse/1


"..dovunque ha fatto la sua comparsa l'uomo-massa… un tipo d'uomo fatto in fretta e furia, costruito su nient'altro che su poche e povere astrazioni… questo uomo-massa è l'uomo previamente svuotato della propria storia, senza viscere di passato, e dunque docile a tutte le discipline chiamate 'internazionali'. Più che un uomo è soltanto un guscio d'uomo… manca di un dentro… di un io che non si può revocare… ha soltanto appetiti, crede di avere solo dei diritti e non crede di avere obblighi: è l'uomo privo della nobiltà che obbliga…" La ribellione delle masse, 1930, p. 21

".. Essere di sinistra è, come essere di destra, uno degli infiniti modi che l'uomo può scegliere per essere imbecille: entrambi in effetti sono forme di emiplegia morale. Per di più, la persistenza di questi qualificativi contribuisce a falsificare ancor di più la "realtà" del presente, già falsa di per se, dal momento che si sono capovolte le esperienze politiche a cui corrispondono, come dimostra il fatto che oggi le destre promettono rivoluzioni e le sinistre promettono tirannie. ... Quando qualcuno ci domanda che cosa siamo in politica, o, precedendoci con l'invadenza che appartiene allo stile del nostro tempo, ci ascrive a una parte politica, invece di rispondere dobbiamo domandare noi all'impertinente che cosa pensa lui che sia l'uomo e la natura e la storia, che cosa sia la società e l'individuo, la collettività, lo Stato, l'uso, il diritto. La politica si affretta a spegnere le luci perchè tutti questi gatti risultino bigi. ..." Josè Ortega y Gasset, La ribellione delle masse, 1930, p. 32

domenica 1 dicembre 2013

Tragedia al Macrolotto

Il Vescovo Agostinelli: “È l’ora di dire basta a condizioni di lavoro disumane tra di noi” 1 Dicembre 2013 

vescovo Agostinelli

Duro e vibrante monito del Vescovo di Prato Franco Agostinelli sulla tragedia accaduta stamattina al Macrolotto: «È l’ora di dire basta a condizioni di lavoro disumane tra di noi”, afferma il presule in un intervento appena diramato dall’Ufficio stampa della Diocesi. Agostinelli, con chiarezza, sostiene che “la repressione da sola non è sufficiente. Ci vuole una politica condivisa che metta al centro i diritti, la giustizia e lo sviluppo. E i cinesi si lascino aiutare a bonificare imprese e lavoro”.
Ecco l’intervento integrale.
"Sono sgomento di fronte ad una tragedia che ricorda i tempi della rivoluzione industriale. Eppure è avvenuta oggi, tra le strade delle nostre zone produttive, nella Prato civile ed evoluta benché morsa dalla crisi economica.
Sette lavoratori hanno perso la vita nel rogo che ha avvolto l’azienda in cui operavano, probabilmente in condizioni molto precarie o addirittura disumane.
Una parola si impone sulle altre: «basta!». Per la nostra città è l’ora di mettere da parte posizioni ideologiche preconcette e tatticismi strumentali. È l’ora di una reazione unanime e di un soprassalto di umanità. «Basta!» a situazioni di lavoro non degne dell’uomo e delle conquiste sociali degli ultimi decenni; basta all’illegalità, che troppo spesso combina insieme gli interessi immorali di molti pratesi e le attività disinvolte di tanti imprenditori cinesi; basta allo sfruttamento della manodopera immigrata cinese, anche quando assume i connotati dell’autosfruttamento. La Chiesa di Prato lo ha affermato con chiarezza da molto tempo.
Di fronte a queste fenomeni appare fondamentale l’attività repressiva. Ma da sola non basta. Occorre intensificare la prevenzione. Ma anche questa non è sufficiente. Era – e da oggi lo è in modo ancora più stringente – ineludibile una nuova e coraggiosa politica (quella con la P maiuscola, se occorresse precisarlo) che non si attardi su quel che è stato fino ad oggi ma guardi al futuro, un futuro dove l’immigrazione non è più un’emergenza ma un dato strutturale con cui confrontarsi. Intendo una politica condivisa, da istituzioni, partiti, categorie sociali e associazionismo e che metta al centro i diritti, la giustizia e lo sviluppo. Ognuno deve tornare responsabilmente a fare la sua parte per il bene comune e impegnarsi per abbattere i muri dell’incomunicabilità tra cinesi e italiani. Gli imprenditori orientali che sono tra noi avvertano l’imperativo morale del dialogo e si lascino aiutare a bonificare le imprese e il lavoro. Imprenditori e sindacati italiani siano la prima linea di questa frontiera. La nostra grande Prato merita questo impegno. Ce lo impone ancora prima la nostra coscienza. I sette morti del Macrolotto 1 ce lo chiedono oggi e ne saranno monito futuro".

+ Franco Agostinelli, Vescovo di Prato

mercoledì 27 novembre 2013

Lettera di J.J. Tolkien al figlio sulla 'caduta di Fede'

Il riferimento alla testimonianza di padre Francis il 'suo sacerdote', J.J.R. Tolkien ha sempre portato ai sacramenti cattolici ed è dinanzi ad essi che si domanda se è stato un buon padre:
"Tu parli di “caduta della fede”, tuttavia. Questa è tutta un’altra cosa. In ultima analisi, la fede è un atto di volontà, ispirato dall’amore. Il nostro amore può raffreddarsi e la nostra volontà può essere indebolita dallo spettacolo dei difetti, della follia e persino dei peccati della Chiesa e dei suoi ministri, ma non penso che chi una volta ha avuto fede la perda per questi motivi (meno che mai uno che possieda una conoscenza storica). Lo “scandalo” al massimo è occasione di tentazione – come l’indecenza lo è della brama, non la crea dal nulla, ma la fa manifestare. E’ comodo perché distoglie gli occhi da noi stessi e dalle nostre colpe e ci fornisce un capro espiatorio. Ma l’atto di volontà della fede non è l’unico momento di una decisione finale: è un atto permanente che si ripete, una situazione che deve durare – così noi preghiamo per la “perseveranza conclusiva”. La tentazione di “non credere” (che in realtà significa il rifiuto di Nostro Signore e delle Sue richieste) è sempre dentro di noi. Una parte di noi anela a trovare una scusa fuori di noi per mollare. Più forte è questa tentazione interiore più facilmente e più severamente saremo scandalizzati dagli altri. Penso di essere tanto sensibile quanto te (o qualsiasi altro cristiano) di fronte agli scandali, siano essi del clero che dei laici. Io ho sofferto dolorosamente nella mia vita a causa di preti stupidi, stanchi, ignoranti o persino cattivi; ma ora mi conosco abbastanza bene da sapere che non lascerò la Chiesa (che per me significherebbe lasciare l’alleanza con Nostro Signore) per una qualsiasi di queste ragioni: la lascerei se non credessi, e non crederei nemmeno se incontrassi qualche sacerdote saggio e santo. Negherei i Santi Sacramenti, cioè: definirei il Nostro Signore un imbroglio. Se Egli è un imbroglio e se lo sono anche i Vangeli – cioè: racconti distorti di un megalomane demente (che è l’unica alternativa), allora naturalmente lo spettacolo inscenato dalla Chiesa (nel senso dei sacerdoti) in passato e oggi è semplicemente la prova di una gigantesca frode. Ma se così non è, allora questo spettacolo è, ahimè! solo quello che ci si doveva aspettare: cominciò prima della prima Pasqua, e non deve influenzare la fede – tranne per il fatto che ci addolora profondamente. Ma noi dovremmo addolorarci per conto di Nostro Signore, associandoci agli scandalizzatori e non ai santi, senza gridare che non possiamo accettare Giuda Iscariota, o l’assurdo e codardo Simon Pietro o le sciocche donne simili alla madre di Giacomo che cerca di spingere suo figlio. Ci vuole un’incredibile dose di scetticismo per non credere che Gesù non sia veramente esistito, e ancora di più per non credere alle cose che gli vengono attribuite — è così improbabile che possano essere state inventate da qualsiasi altro al mondo, all’epoca: come per esempio: «prima di Abramo venne ad essere l’Io sono» (Giovanni, VIII). «Colui che ha visto me ha visto il Padre» (Giovanni, IX); oppure la promulgazione dei Santi Sacramenti in Giovanni, V: «Colui che mangerà la mia carne e berrà il mio sangue avrà vita eterna». Noi quindi dobbiamo credere in Lui e in quello che ha detto e assumercene le conseguenze; oppure rifiutarlo e assumercene le conseguenze. Io trovo difficile credere che chi abbia preso anche solo una volta la Comunione, consapevolmente, possa poi rifiutare di credere in Lui senza incorrere in una grave colpa. (Comunque, Lui solo conosce ogni anima e le circostanze in cui si trova.) L’unico rimedio contro il vacillare e l’indebolirsi della fede è la Comunione. Benché sia sempre lo stesso, perfetto e completo e inviolato, il Santo Sacramento non agisce completamente e una volta per tutte in ognuno di noi. Come l’atto di Fede deve essere ripetuto e così accresce la sua efficacia. La frequenza garantisce il massimo effetto. Sette volte alla settimana è più efficace che sette volte dopo lunghi intervalli. Inoltre ti raccomando questo esercizio (ahimè! è fin troppo facile trovare il modo di praticarlo): fa’ la tua Comunione in un ambiente che urti i tuoi sentimenti. Scegli un sacerdote che borbotta e tira su col naso oppure un frate orgoglioso e volgare; e una chiesa piena della solita folla borghese, bambini maleducati — da quelli che gridano a quei prodotti delle scuole cattoliche che nel momento in cui il tabernacolo viene aperto si siedono e sbadigliano — giovani sporchi e con le camicie sbottonate, donne in pantaloni e spesso con i capelli arruffati e senza velo. Vai a fare la Comunione insieme a loro (e prega per loro). Sarà la stessa cosa (o anche meglio) che assistere ad una messa detta splendidamente da un sant’uomo e ascoltata da poca gente devota e decorosa. (Non sarà mai peggio della confusione di quando Gesù nutrì i cinquemila - dopo di che annunciò quello che sarebbe stata la Comunione.) Io stesso sono convinto delle affermazioni di Pietro, né guardandosi intorno nel mondo sembrano esserci molti dubbi (se il cristianesimo è vero) su quale sia la vera Chiesa, il tempio dello spirito morto ma vivo, corrotto ma santo, che si rigenera e rivive. Non che uno debba dimenticare le sagge parole di Charles Williams, che è nostro dovere occuparci degli altari accreditati e stabiliti, benché lo Spirito Santo possa mandare il suo fuoco da altre parti. Dio non può essere limitato (nemmeno nell’ambito dell’edificio che ha fondato) – della qual cosa San Paolo è il primo esempio – e può usare qualsiasi canale attraverso il quale far arrivare la sua grazia. Persino amare Nostro Signore, e chiamarlo Signore e Dio, è una grazia e può portare altra grazia. Tuttavia, per non parlare solo di casi singoli, il canale principale deve essere quello istituzionale, altrimenti correrebbe il rischio di estinguersi nella sabbia. Oltre al Sole c’è la luce della Luna (che può essere tanto brillante da permettere di leggere); ma se il Sole scomparisse, non si riuscirebbe più a vedere la Luna. Che cosa ne sarebbe della cristianità oggi, se la Chiesa romana fosse stata distrutta? Ma per me quella Chiesa di cui il Papa è capo riconosciuto ha un merito maggiore, e cioè quello di aver sempre difeso il Santo Sacramento e di avergli reso sempre onore e di averlo messo (come Cristo voleva) al primo posto. “Nutrite le mie pecorelle” fu il Suo ultimo incarico a San Pietro; e dato che le Sue parole vanno sempre intese alla lettera, suppongo che fossero riferite principalmente al Pane della Vita. E’ stato contro questo che venne lanciata la prima rivolta dell’Europa occidentale (la Riforma) – contro “la favola blasfema della messa” – e le opere della fede sono state una falsa pista. Credo che la più grande riforma del nostro tempo sia quella portata avanti da san Pio X: superando tutto quello, di cui pur c’era bisogno, che il Concilio deciderà. Mi chiedo in che stato sarebbe la Chiesa se non fosse per quella Riforma.

Ma io sono uno di quelli che è fuggito dall’Egitto e prego Dio che nessuno della mia stirpe debba ritornare là. Ho assistito (comprendendo solo a metà) alle eroiche sofferenze e alla morte precoce in grande povertà di mia madre che mi ha fatto entrare con sé nella Chiesa; e ho ricevuto lo straordinario aiuto di Francis Morgan. Ma mi sono innamorato dei Santi Sacramenti fin dall’inizio – e grazie a Dio non me ne sono mai allontanato: ma, ahimè!, non ho vissuto sempre alla loro altezza. Vi ho allevati male e vi ho parlato troppo poco. Per cattiverie e per pigrizia ho quasi smesso di praticare la mia religione – specialmente a Leeds, e al 22 di Northmoor Road. Non per me l’Abisso dei Cieli, ma la voce silenziosa del Tabernacolo e quella sensazione di fame implacabile. Mi rammarico amaramente di quei giorni (e ne soffro); soprattutto perché ho fallito come padre. Ora prego per voi tutti, senza soste, che il Salvatore (the Haelend, come il Redentore veniva chiamato in inglese antico) mi guarisca dei miei difetti e che nessuno di voi debba mai smettere di invocare Benedictus qui venit in nomine Domini.
Dalla lettera del 1 novembre 1963 a Michael Tolkien, in J.R.R.Tolkien, La realtà in trasparenza. Lettere (a cura di Humphrey Carpenter e Christopher Tolkien), Bompiani, Milano, 2001, pag.380.

lunedì 25 novembre 2013

HO UN SOGNO


Ho un sogno che un giorno i bambini diventeranno bambini
in tutte le parti del mondo,
Ho un sogno che un giorno i bambini africani avranno
la possibilità di giocare e studiare come bambini,
Ho un sogno che un giorno loro deporranno le armi perché
non ne avranno più bisogno,
Ho un sogno che un giorno loro verranno ascoltati,
tollerati e che potranno anche decidere cosa fare da grandi. Nel mio sogno vedo che i bambini africani non
moriranno più di fame, sete e malattie banali,
Nel mio sogno vedo che questi bambini andranno a scuola
la mattina anziché andare nei vari cantieri,
Nel mio sogno vedo che questi bambini lasceranno le grotte,
i tombini e le strade per andare a dormire
nelle case.
Ho un sogno che un giorno i bambini africani
lasceranno i campi profughi,
Ho un sogno che un giorno loro non avranno più
bisogno di camminare per chilometri in cerca d’acqua
sporca da bere,
Ho un sogno che un giorno i loro piedi saranno
protetti dalle scarpe e i loro corpi coperti dai vestiti.
Nel mio sogno vedo che i bambini africani avranno la
possibilità di vaccinarsi contro le malattie infantili,
Nel mio sogno vedo che i loro destini non saranno più
decisi dalle tragedie causate dai grandi,
Nel mio sogno vedo che i bambini africani avranno la
possibilità di riuscire un giorno a sognare!
(Blessing Sunday Osuchukwu)

sabato 23 novembre 2013

Se navighi in Internet lo devi a lui, sacerdote e gesuita

Padre Busa, pioniere della linguistica sul web

Padre Roberto Busa ha dedicato quasi 70 anni della sua vita allo studio dell'informatica linguistica. Inventò l'ipertesto attivo di Internet.

 «Se navighi in Internet, lo devi a lui. Se usi il pc per scrivere mail e documenti di testo, lo devi a lui. Se puoi leggere questo articolo, lo devi, lo dobbiamo a lui». Così, parafrasando un titolo ispirato all’inventore della penicillina Fleming, l’Osservatore romano rende omaggio a padre Roberto Busa, gesuita e scienziato, linguista e pioniere informatico, morto ieri a quasi 98 anni nella residenza della Compagnia di Gesù a Gallarate.

Il giornale vaticano ricostruisce l’invenzione dell’ipertesto per Internet, anticipata dal gesuita una quindicina di anni prima degli studiosi statunitensi, e il rapporto di Busa con il fondatore dell’Ibm Thomas Watson, che finanziò il suo «Index Tomisticus», al quale il religioso ha lavorato per 40 anni. Nel 1949 «il gesuita s’era messo in testa di analizzare l’opera omnia di san Tommaso: un milione e mezzo di righe, nove milioni di parole (contro le appena centomila della Divina Commedia). Aveva già compilato a mano diecimila schede solo per inventariare la preposizione ’in’, che egli giudicava portante dal punto di vista filosofico. Cercava, senza trovarlo, un modo per mettere in connessione i singoli frammenti del pensiero dell’Aquinate e per confrontarli con altre fonti. In viaggio negli Stati Uniti, padre Busa chiese udienza a Thomas Watson, fondatore dell’Ibm. Il magnate lo ricevette nel suo ufficio di New York. Nell’ascoltare la richiesta del sacerdote italiano, scosse la testa: ’Non è possibile far eseguire alle macchine quello che mi sta chiedendo. Lei pretende d’essere più americano di noi. Padre Busa allora estrasse dalla tasca un cartellino trovato su una scrivania, recante il motto della multinazionale coniato dal boss - Think, pensa - e la frase «Il difficile lo facciamo subito, l’impossibile richiede un pò più di tempo». Lo restituì a Watson con un moto di delusione. Il presidente dell’Ibm, punto sul vivo, ribattè: 

«E va bene, padre. Ci proveremo. Ma a una condizione: mi prometta che lei non cambierà Ibm, acronimo di International business machines, in International Busa machines». «È da questa sfida fra due geni - ricorda l’Osservatore romano - che nacque l’ipertesto, quell’insieme strutturato di informazioni unite fra loro da collegamenti dinamici consultabili sul computer con un colpo di mouse», che l’americano Ted Nelson definì soltanto nel 1965.


Secondo di cinque figli di un capostazione padre Busa era nato a Vicenza il 28 novembre 1913, a 16 anni era entrato nel seminario di Belluno dove aveva fatto amicizia con Albino Luciani, il futuro Giovanni Paolo I. È stato tra i pionieri dell’uso dell’informatica per l’analisi del testo, la lessicografia e la ricerca bibliografica. Grazie all’opera da lui iniziata, la lessicografia e l’ermeneutica testuale ricevono un contributo decisivo dall’informatica linguistica. Padre Busa ha fondato nel 1992 la Scuola di Lessicografia ed Ermeneutica, costituita all’interno della facoltà di filosofia della Pontificia Università Gregoriana. Lo scienziato gesuita risiedeva dagli anni Sessanta all’ Aloisianum di Gallarate, assieme ai grandi decani gesuiti, tra cui il cardinale Carlo Maria Martini di cui era amico e interlocutore. Molti i legami con Varese e Gallarate, città di adozione che ha visto, con Rosa Piantanida Bassetti, la nascita dei primi atti di mecenatismo industriale e di cui l’Aloisianum stesso è un’espressione. Tra i libri più recenti, tutti pubblicati, negli scorsi anni, dalla casa editrice Spirali, «Rovesciando Babele ossia tornare alle radici d’ogni lingua» e «Quodlibet, briciole del Mio Mulino» forse l’opera più aperta e pubblica dello scienziato. 

da un articolo su: La stampa 18/08/2011

La genesi della Scienza di James Hannam

Ma a chiarire meglio il paradosso dello scontro fede-scienza è James Hannam, il celebre dottore di Storia e Filosofia della Scienza della prestigiosissima Università di Cambridge, nel suo libero intitolato “La genesi della scienza: come il cristianesimo medioevale ha lanciato la rivoluzione scientifica. Il libro è stato selezionato per l’altrettanto ambitissima assegnazione del Royal Society Science Book Prize. «Il cristianesimo ha effettivamente avuto un ruolo molto più positivo nella storia della scienza di quanto comunemente si creda. Infatti, molti degli esempi sul fatto che la religione ostacoli il progresso scientifico si sono rivelati falsi». Il docente di Cambridge spiega che, per esempio, «la Chiesa non ha mai insegnato che la Terra fosse piatta e, nel Medioevo, nessuno la pensava così, comunque.
 I Pontefici non hanno cercato di vietare nulla, né hanno scomunicato qualcuno per la cometa di Halley. Nessuno, sono lieto di dirlo, è stato mai bruciato sul rogo per le sue idee scientifiche. Eppure, tutte queste storie senza alcun fondamento sono ancora regolarmente tirate fuori come esempio di intransigenza clericale nei confronti del progresso scientifico, e dunque per diffondere ignoranza storica volta a delegittimare la Chiesa nella sua alta funzione storica e culturale, col solo e mal celato scopo di fomentare l'anticlericalsimo".

L'enfatizzatissimo ed unico caso Galilei, «il quale -va detto- elaborò una teoria esatta ma portando al processo tutte dimostrazioni sbagliate, mette a malapena in ombra tutto il sostegno che la Chiesa ha dato alla ricerca scientifica nel corso dei secoli». La Chiesa ha sostenuto lo studio delle scienze anche dal punto di vista finanziario, ad esempio. Fino alla Rivoluzione francese, infatti, «la Chiesa cattolica è stata lo sponsor principale della ricerca scientifica. La Chiesa ha anche insistito sul fatto che la scienza e la matematica avrebbero dovuto essere obbligatorie nei programmi universitari. Nel XVII secolo, l’ordine dei Gesuiti era diventata la principale organizzazione scientifica in Europa, con la pubblicazione di migliaia di documenti e la diffusione di nuove scoperte in tutto il mondo. Le cattedrali sono state progettate anche come osservatori astronomici per la determinazione sempre più precisa del calendario».
Senza poi dimenticare che la sincera e devota fede di tutti i grandi scienziati della storia.
Il sostegno alla ricerca scientifica è stato giustificato dal fatto che «i cristiani hanno sempre creduto che Dio ha creato l’universo e ordinato le leggi della natura. Studiare il mondo naturale significava ammirare l’opera di Dio. Questo era percepito come un “dovere religioso” , ed ha ispirato lo studio dela scienza quando c’erano pochi altri motivi per preoccuparsi di essa. È stata la fede che ha portato Copernico a respingere l’universo tolemaico, a spingere Keplero a scoprire la costituzione del sistema solare, e che convinse Maxwell dell’elettromagnetismo». Il Medioevo, l’epoca più dominata dalla fede cristiana, è stato un periodo di innovazione scientifica e progresso, di foritura della letteratura, delle arti, della giurisprudenza. E in tutto questo, che piaccia o meno, la Chiesa Romana ha avuto un ruolo magistrale di guida. L’autore cita l’invenzione dell’orologio meccanico, dei bicchieri, della stampa e la contabilità. Nel campo della fisica, gli studiosi hanno trovato oggi le teorie medievali sul moto accelerato, la rotazione della terra e l’inerzia.

Il ricercatore di Cambridge accusa il secolo illuminista e Voltaire della genesi della leggenda nera sull’opposizione del cristianesimo alla scienza, mito messo su a tavolino per puri scopi politici, per privare la Chiesa di ogni sorta di influenza politica. La maggior parte degli illuministi, iscritti a logge massoniche, si poneva lo scopo di distruggere la Chiesa politicamente, e per farlo, ideava o distorceva vicende storiche per mostrare l'Istituzione incompatibile col progresso. I filosofi francesi dunque, hanno attaccato la Chiesa per motivi politici, poi ci ha pensato l’ingelse TH Huxley, il “mastino di Darwin”, a prolungare questa falsità, per foraggiare la sua lotta di liberazione della scienza britannica da ogni sorta di influenza clericale. «Tuttavia, oggi, la scienza e la religione sono le due forze più potenti intellettuali del pianeta. Entrambi sono capaci di fare enormi bene, ma le loro possibilità di farlo sono molto maggiori se esse possono lavorare insieme», ha concluso lo storico della scienza. Come diceva Einstein: "la scienza senza la religione è zoppa; la religione senza la scienza è cieca".

La teoria del Big Bang fu ideata dallo scienziato e prete cattolico Georges Lemaître

Tutti conosciamo la teoria del Big Bang, secondo cui l’universo ha avuto origine da un'immensa esplosione, avvenuta circa 13 miliardi di anni fa, dalla quale è nata la materia. Ma quasi nessuno (un caso?) conosce l'ideatore della teoria. L’ipotesi che la nascita dell’universo fu determinata da evento iniziale fu proposta per la prima volta nel 1927 dal fisico ed astronomo Georges Lemaitre, sacerdote belga di formazione gesuita, che mise assieme la Relatività di Einstein e l’espansione dell’universo osservata dall’americano Edwin Hubble, chiamandola ipotesi dell’atomo iniziale.

Chi è Georges Lemaître?

Fu il primo a capire che lo spostamento verso il rosso della luce delle stelle era la prova dell'espansione dell'universo e a proporre la legge di Hubble, secondo la quale vi è una proporzionalità fra distanza delle galassie e loro velocità di recessione. Nel 1927, infatti, pubblicò la teoria del Big Bang, basata sulla relatività generale, che spiega entrambi i fenomeni. Lemaître fu sempre un sostenitore dell'espansione illimitata dell'universo e a questo scopo conservò nel suo modello la costante cosmologica, proposta da Einstein, ma abbandonata da lui e da quasi tutti gli altri fisici dopo la scoperta del Big Bang. L'espansione illimitata e l'uso della costante cosmologica furono generalmente accettati solo dopo che venne scoperta l'accelerazione dell'espansione dell'universo. Ciò però ebbe luogo solo nel 1998, oltre trenta anni dopo la morte di Lemaître. Sin dal 1933 il nome di Lemaître divenne famoso in tutto il mondo anche a livello giornalistico.
Egli ricevette numerosi riconoscimenti in patria: il 17 marzo 1934 Lemaître ricevette da re Léopold III il premio Francqui, la principale onorificenza per gli scienziati in Belgio. La sua candidatura era stata proposta da Albert Einstein, Charles de la Vallée-Poussin e Alexandre de Hemptinne. Nel 1950, infine, ricevette una terza onorificenza belga riservata a scienziati eccezionali: il premio decennale per le scienze applicate del periodo 1933-1942. Nel 1953 gli venne assegnata la prima "Eddington Medal" rilasciata dalla Royal Astronomical Society inglese.
A lui sono stati dedicati:
  • Il cratere lunare Lemaître;
  • La metrica di Friedmann-Lemaître-Robertson-Walker;
  • L'asteroide 1565 Lemaître.


La teoria del Big Bang contraddice in qualche modo la fede cattolica?

No, la teoria del Big Bang non contraddice la fede cattolica. Padre Georges Lemaître ricevette grandi riconoscimenti dalla Chiesa, fu nominato Presidente dell’Accademia Pontificia della Scienza nel 1936 (e vi restò fino alla sua morte) e Monsignore nel 1960. Questi riconoscimenti mostrano che la Chiesa non ritiene che la teoria del Big Bang contraddica la fede cattolica. Inoltre, mentre la teoria del Big Bang è ora ampiamente accettata, si dimentica spesso che per più di trent’anni ci fu una considerevole opposizione a questa teoria. A dire la verità, il Big Bang fu spesso maggiormente accolto da persone di spicco all’interno della Chiesa, tra le quali lo stesso Papa Pio XII, che da molti scienziati fuori della Chiesa, come l’astronomo Fred Hoyle, che invece l'avversavano strenuamente. Nell’ufficialmente atea Unione Sovietica del 1948, gli astronomi si trovavano d’accordo nel combattere la teoria di Lemaître, che essi criticavano come “reazionaria” e “di aiuto al clericalismo”. La causa dell’opposizione di molti atei alla teoria del Big Bang era che questa teoria, pur non dando prove della dottrina della creazione, era percepita come intuitivamente in armonia con essa, poiché difendeva la creazione “dal nulla” che ha inizio con la luce (cfr. Gen 1,3).


Come detto all’inizio, con il Big Bang tutto ha avuto inizio, e quindi prima di quel momento fatidico, non c’era nulla, nemmeno lo spazio vuoto e buio. Niente di niente, niente spazio e niente tempo.
Ma se spazio e tempo viaggiano a braccetto, non ha nemmeno senso chiedere “cosa c’era prima”  perché non esistendo il tempo non ci può essere nessun prima. Questo piccolissimo particolare porta ad una conseguenza, che alcuni troveranno banale, ma che è corretto ribadire, come espose nel V secolo Sant’Agostino nelle sue Confessioni.
Se il Creatore del mondo esiste, Dio o qualunque nome vogliate dare al grande regista che lo ha architettato, è un essere che vive al di fuori del nostro tempo. Non può aver creato il mondo durante il tempo, ma deve averlo creato con il tempo.
Energia, materia, spazio, tempo : tutto è stato creato assieme.
E come era stato per l’atomo primordiale di Lemaitre, ancora una volta un ragionamento sulla nascita dell’universo, va a combaciare con i dogmi di alcune religioni, in particolare di quelle che nella loro fede comprendo l’atto della creazione.
Sono certamente in prima linea l’Ebraismo e il Cristianesimo – che hanno in comune parti della Bibbia – e che vedono in Dio l’essere eterno creatore del mondo.

Una cosa comunque è certa : Agostino facendosi guidare dalla logica e dalla ragionevolezza aveva capito che il tempo è tutt’uno con lo spazio dell’universo, 15 secoli prima che Albert Einstein lo dimostrasse matematicamente! Più che altro, è triste il fatto che probabilmente meno di un cittadino su 1000 sa che quella teoria del Big Bang, quasi sempre spiegata -immotivatamente- da sedicenti professori con ironia e derisione al Creazionismo religioso, fu ideata proprio da un sacerdote di quella tanto odiata e disprezzata Chiesa di Roma. E così un'intera società civile continua ad essere ignara del fatto che a finanziare le ricerche scientifiche a Galilei fu proprio la Chiesa, come fece in innumerevoli occasioni nel corso della storia, da Leonardo da Vinci a Guglielmo Marconi; ignari che ad aprire l'Istituto di Scienze nell'università più antica del mondo, l'Alma Mater di Bologna, fu propio un papa, Benedetto XIV, che vi fece aprire le cattedre di matematica superiore, meccanica, fisica, algebra, ottica, chimica e idrometria, e lo arricchì con doni di materiali scientifico della propria biblioteca personale; ignari che le toerie scientifiche moderne sono legate alla scuola francescana di Oxford, e a francescani come Ruggero Bacone; che Giovanni Buridano, francescano medievale, teorizzò la dottrina dell'impetus, anticipatrice del principio di inerzia, con cui si confutava l'insegnamento aristotelico sulle intelligenze motrici dei cieli, aprendo la strada all'astronomia moderna; ignari che Copernico era un sacerdote polacco, prete come lo era Gregor Mendel, il padre degli studi sulla genetica; ignari che ad inventare il sistema del link sul Web è stato lo scienziato e padre gesuita Roberto Busa.