venerdì 6 febbraio 2015

Robert Hugh Benson Il Padrone del mondo Romanzo

Descrizione:
Scritto nel 1907 – e da allora il più venduto best-seller di christian-fiction della storia – questo romanzo profetico racconta l'ascesa del grande filantropo Giuliano Felsemburgh, democratico e rassicurante, fautore della pace mondiale, che realizza un mondo ideale con l’avvento di un nuovo umanitarismo che stempera le differenze fra le religioni e predica la tolleranza universale. Tutto viene accettato fuorché la Chiesa Cattolica, che – sempre in nome della tolleranza – viene straziata fin quasi alla sua completa eliminazione. Comunicazioni istantanee in tutto il mondo, trasporti aerei e sotterranei, luce solare artificiale, un parlamento europeo, attentati con kamikaze, il crollo della Russia, la crisi delle vocazioni, l’apostasia di preti e vescovi, la persecuzione e la solitudine del Papa: tutti elementi che oggi fanno parte della nostra storia e della nostra quotidianità e che in questo romanzo sono stati descritti con impressionante realismo. Il Padrone del mondo racconta il venir meno della fede cristiana non a causa di una persecuzione pubblica ma attraverso la subdola religione umanitaria del relativismo. La speranza è riposta nell’Unico che rimane fedele per sempre e nel Suo glorioso ritorno.
Recensioni:
Solo una presenza può salvarci dall’Anticristo soft, Tempi 21 gennaio 2014
Ecco il libro consigliato da Papa Francesco, di Giuseppe Frangi, 21 gennaio 2015
Folgorato sulla via di Luxor, Mattia Ferraresi, Il Foglio 30 novembre 2013
Il pensiero unico e “Il padrone del mondo ” di Robert H. Benson, Caterina Maniaci, 25 novembre 2013
No al pensiero unico, Andrea Galli, Avvenire 19 novembre 2013
Col progressimo arrivano i sacrifici umani, M. Introvigne, La Nuova Bussola Quotidiana 19 novembre 2013
L’uniformità egemonica del progressismo adolescenziale porta all’apostasia, Tempi.it 18 novembre 2013
Ma non era il papa più amato dai progressisti?, Sandro Magister blog, 18 novembre 2013
Quel Felsenburgh che sarebbe piaciuto a Hiter, L'Osservatore Romano 5-6 agosto 2012
Recensione di Ganandrea de Antonellis, Quaerere Deum 1/2012 pp. 226-228

Simone Troisi e Cristiana Paccini

.Siamo nati e non moriremo mai piu'


Storia di Chiara Corbella Petrillo



Chiara Corbella Petrillo muore a 28 anni per un carcinoma alla lingua, scoperto quanto è al quinto mese di gravidanza: rimanda le cure per dare alla luce il suo bambino. Lo fa con gioia, dicendo il suo "Eccomi", pensando prima di tutto al bene della creatura che porta in grembo.
La vicenda di Chiara, di suo marito Enrico e del loro figlio Francesco (come anche di altri due fratellini già in Cielo), ha sorpreso migliaia di persone in tutta Italia e si è diffusa rapidamente su Internet e sui mezzi di comunicazione.
Può la storia di una donna morta giovanissima testimoniare che la vita è un dono meraviglioso? Che seguire Cristo anche nella sofferenza ci apre alla luce?
Queste pagine raccontano la storia di Chiara, con le sue parole e i ricordi di chi l'ha conosciuta e ne ha condiviso la profonda esperienza di fede: un'esistenza che non si è arresa di fronte alla morte fino a diventare un segno di speranza per tutti noi. 

Sposala e muori per lei di Costanza Miriano

La prima cosa che salta agli occhi a guardare donne e uomini, è che esistono. Il che già mi pare una notizia, in questa epoca di annunci definitivi – la fine degli uomini, la fine della distinzione tra i sessi (scemi noi che pensavamo che fossero due, dice che sono cinque), la fine del lavoro e varie altre fini periodicamente declamate.
Uomini e donne invece sono lì, e lì rimarranno, se non altro perché a loro, checché ne dicano gli illustri pensatori che si esibiscono qua e là, è affidata la sopravvivenza della specie umana. Rimarranno, uomini e donne, con la loro benedetta irriducibilità, che ci rende profondamente incompleti e sempre alla ricerca gli uni delle altre.
Quello che manca, casomai – a parte il tempo, il parcheggio e la coca light alla ciliegia, sempre introvabili – sono uomini e donne adulti, cioè capaci di giocarsi la vita seriamente. In questo sì che c’è una parità indiscutibile.
Difficile trovare uomini e donne che non siano ragazzini, eterni adolescenti che credono di avere sempre davanti a sé un bivio, un’altra possibilità, una seconda palla da servire, quando tante volte tocca solo stare lì, al chiodo, a rispondere alla palla che ci ha tirato la vita. Una vita che dobbiamo imparare a spendere tutta, senza tenerne una goccia, ma in modo profondamente diverso, maschile e femminile.
Con Sposati e sii sottomessa ho cercato di diffondere tra le mie amiche quello che ricordo per prima a me stessa (mio marito dice sempre che la vorrebbe conoscere, quella meravigliosa autrice del libro), e cioè che lo specifico della donna è l’accoglienza, la capacità di smussare e mediare, di stare sotto, “con l’intuizione – come scrive Joseph Ratzinger – che il meglio della sua vita è fatto di attività orientate al risveglio dell’altro, alla sua crescita, alla sua protezione”.
Quanto all’uomo, il suo speciale modo di perdere la vita è morire prendendo su di sé i colpi, a scudo di quelli che gli sono consegnati. A volte morire tutto insieme, il più delle volte a fettine, a briciole anche. Sposala e muori per lei voleva dire questo agli uomini, ai mariti delle spose sottomesse. Volevo scrivere un libro che dicesse agli uomini come li vogliamo. Nobili, pronti a dare la vita, generosi ed eroici. Ho fissato a lungo lo schermo del computer, trascorrendo notti insonni (anche grazie all’aiuto di pocket coffee e pane e salame), cercando di trovare uno straccio di ispirazione. Poi ho guardato mio marito. Siamo onesti. Ha mai fatto qualcosa per una predica che gli abbia fatto io? Ma direi di più, l’ha mai ascoltata una delle mie prediche? Alla fine quindi ho scritto un libro diverso (anche se il titolo è rimasto quello che avevo pensato all’inizio).
Noi donne quasi sempre questi uomini li vogliamo correggere, plasmare, formattare: “mi vai abbastanza bene, ti prendo, poi però ti miglioro io”. Credo che non ci sia niente che dia più fastidio all’uomo che sentire la sua libertà costretta e minacciata.
Se c’è un modo per invitarlo all’eroismo che tanto desideriamo da lui, è solo lasciandoci inseguire con la nostra bellezza, senza parlare troppo, chiedere, rimbrottare, dirigere e correggere, ma aprendogli la strada con l’esempio, “risvegliandolo”, come dice il Papa, con la bellezza più sontuosa di cui i nostri gesti siano capaci. Solo così potremo chiedergli, mutamente, di essere autorevole, coraggioso, onesto, leale, generoso.
È la generosità, infatti, il tasto debole dell’uomo, è per questo che san Paolo lo invita a morire, mentre la donna deve lavorare sul suo desiderio di controllo e manipolazione, come dice chiaramente l’apostolo nella Lettera agli Efesini.
Una volta capite le differenze – e certo ogni uomo e ogni donna vivono con diversa intensità la loro specificità maschile e femminile (non cominciamo con le donne che sanno cambiare le ruote e gli uomini lavare i piatti, non è questo l’essenziale) – si può provare a costruire la cattedrale di un amore stabile e fecondo, che non ha niente di romantico, almeno come è volgarmente inteso qui in occidente, ma è più simile a un’ascesi in cui due persone che lavorano ciascuna su di sé incontrano e abbracciano le proprie povertà senza mai rinfacciarsele, perché sanno che alla fine l’altro non è che un promemoria dell’unico amore che veramente ci sazia, colma le voragini e mai ci delude, quello di Dio. 
di Costanza Miriano

Sposati e sii sottomessa - di Costanza Miriano

Sposati e sii sottomessa

Pratica estrema per donne senza paura

Uscito nel febbraio 2011 edito da Vallecchi per la collana Avamposti (16 edizioni) è stato ristampato nell’autunno 2013 da Sonzogno in una nuova versione aggiornata e ampliata. A luglio del 2013 è uscita anche la versione in lingua spagnola (Nuevo Inicio), poi quella in lingua polacca, olandese e portoghese e croata. A febbraio 2015 è prevista la pubblicazione in lingua inglese negli USA e quella in lingua francese.
di Costanza Miriano
“Ma alla fine le tue amiche si sono sposate e sottomesse?” – mi ha chiesto Patricia, la editor della Sonzogno che stava per ripubblicare Sposati e sii sottomessa (per una complicata spiacevole serie di motivi che vi risparmio).
Il bello di dare consigli non richiesti è che non debbano essere necessariamente giusti, quindi non avrei tanto voluto chiedermelo. Però mi è toccato. E così ho riletto le lettere, ficcato di nuovo il naso nelle vite di amici, consapevoli e non di essere finiti nel mio libro, raccontato un altro piccolo pezzetto delle loro vite. Qualcuna si è sposata, qualcuna no, qualcuna ha fatto un altro figlio, qualcuna continua a fare la vita di prima, ma forse con uno sguardo nuovo sul marito, qualcuno sulla moglie. Lo stesso è successo a tantissimi lettori, a leggere le lettere che mi hanno mandato, tantissime. A un sacco di gente avrà fatto anche schifo, il mio libro, solo che quelli per lo più non mi hanno scritto, quindi non so, per fortuna. Credo che lo abbia letto anche il grande capo indiano Estiqaatsi.
Piano piano, alla fine, lo hanno comprato quasi 80 mila persone (no, purtroppo no, non sono diventata ricca). Se questo è successo, è certo perché si sono riconosciute, riconosciuti nel desiderio di riaffermare la differenza tra maschio e femmina, contro la propaganda dell’ideologia di genere.
C’è una schiera di donne che ha ricevuto la libertà in eredità sin dalla nascita, donne risolte e pacificate, che non deve rivendicare nulla, che non grida in piazza perché questa libertà non è più in pericolo (e a volte non sa neanche molto delle battaglie grazie alle quali può studiare, votare, lavorare: sono cose che dà per acquisite), e che anzi desidera fare spazio nella propria vita, che sa mettersi in relazione e metterci gli altri, mediando, smussando, accogliendo. Una schiera di donne che non si preoccupa tanto, direi per niente, delle quote rosa, di strappare un posto in un consiglio di amministrazione. Sono tantissime, sono quelle che incontro tutti i giorni davanti alle scuole dei miei figli, sono quelle che mi scrivono, che non trovano cittadinanza sui giornali. Sono quelle che sanno fare spazio, proprio perché sanno di non essere uguali all’uomo, né vogliono esserlo. Sono quelle che a volte amano anche il proprio lavoro, ma a un certo punto, alle cinque del pomeriggio di un giorno di sole, guardano fuori dalla finestra dell’ufficio e capiscono che preferirebbero essere a casa a preparare la merenda ai loro bambini. E magari per alcune è persino difficile ammetterlo, perché loro invece sono cresciute con l’imperativo di realizzarsi, trovare se stesse, dedicarsi del tempo, e i bambini non li hanno neanche fatti.
Ci sono anche tanti uomini che quando incontrano donne così belle desiderano davvero dare la vita per loro, fare sul serio, essere veri uomini appunto.
Anche se ogni tanto vorrei sentirmi una scrittrice, so bene che non è per la mia prosa che tante persone hanno sentito l’urgenza di invitare gli amici a comprare questo libro (io veramente la musa della letteratura l’avrei anche cercata, ma si vede che era in ferie; d’altra parte io non ho “una stanza tutta per me”, come raccomanda Virgina Woolf a ogni donna che voglia scrivere, ma solo un tavolino a cui mi siedo di notte, di giorno ingombro di  fumetti di Calvin e Hobbes, cani di plastica e diari segreti di peluche rosa con lucchetti). Insomma, niente stanza, niente musa, ma evidentemente per una fortuita serie di eventi mi sono trovata a dare voce a tutte queste donne che non hanno paura di perdere terreno se fanno spazio a un uomo, che lo scelgono per sempre, così com’è, senza volerlo rendere più simile a sé, anzi, lo vogliono proprio perché irreparabilmente diverso (capace, per esempio, di leggere la storia dipanando fili misteriosi di complotti sovranazionali, ma disabile alla memorizzazione di vicende esistenzial-sentimentali che non riguardino fondi monetari o mercati energetici, ma solo cugine di secondo grado della moglie. “Caro, sai quello che ti ho detto ieri di Elisabetta?” “Elisabetta chi?”).
Quanto a me, personalmente, il cambiamento più evidente nella mia, di vita, è innanzitutto che ho una marea di nuovi amici; inoltre se di notte (spesso sono alzata a scrivere) incrocio un figlio per il corridoio, il disgraziato mi abbraccia esclamando: “no, non ci posso credere, Costanza Miriano!!!”, e mi chiede un autografo. Io comunque gli dico di parlare col mio agente, e lo rimando a letto.

lettera delle famiglie Febbraio 2015/1


Lettera delle Famiglie Febbraio 2015/2


lettera delle famiglie Febbraio 2015/3




Lettera alle Famiglie Febbraio 2015/4