giovedì 12 dicembre 2019

12 Dicembre - La Madonna di Guadalupe


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Una madre per tutti i popoli, che sa parlare a ogni cultura: è così che ancora oggi si presenta la Vergine di Guadalupe, vero cardine spirituale del Centro e Sud America. Apparve tra il 9 e il 12 dicembre 1531 a un indio messicano forse già sessantenne, Juan Diego Cuauhtlatoatzin, che è santo dal 2002. A quel tempo il Messico era terra di conquista ma anche di sfregio alla dignità umana, perché spesso i conquistatori non ebbero pietà per gli indios. Anche per questo l'apparizione di Maria è un segno di cura nei confronti degli oppressi e dei sofferenti di tutto il mondo. Al veggente Maria affidò il compito di fa costruire una basilica dedicata a lei ma non fu facile convincere il vescovo: ci volle un prodigio, con l'immagine della Madonna che apparve sul mantello del contadino.



Con gli oltre venti milioni di pellegrini che lo visitano ogni anno, il santuario di Nostra Signora di Guadalupe, in Messico, e’ il più frequentato e amato di tutto il Centro e Sud America. Sono pellegrini di ogni razza e d'ogni condizione - uomini, donne, bambini, giovani e anziani - che vi giungono dalle zone limitrofe alla capitale o dai centri più lontani, a piedi o in bicicletta, dopo ore o, più spesso, giorni di cammino e di preghiera.
L’apparizione, nel XVI secolo, della “Virgen Morena” all’indio Juan Diego e’ un evento che ha lasciato un solco profondo nella religiosità e nella cultura messicana. La basilica ove attualmente si conserva l'immagine miracolosa e’ stata inaugurata nel 1976. Tre anni dopo e’ stata visitata dal papa Giovanni Paolo II, che dal balcone della facciata su cui sono scritte in caratteri d'oro le parole della Madonna a Juan Diego: “No estoy yo aqui que soy tu Madre?”, ha salutato le molte migliaia di messicani confluiti al Tepeyac; nello stesso luogo, nel 1990, ha proclamato beato il veggente Juan Diego, che e’ stato infine dichiarato santo nel 2002.
Che cosa era accaduto in quel lontano secolo XVI in Messico? Con lo sbarco degli spagnoli nelle terre del continente latino-americano aveva avuto inizio la lunga agonia di un popolo che aveva raggiunto un altissimo grado di progresso sociale e religioso. Il 13 agosto 1521 aveva segnato il tramonto di questa civiltà, quando Tenochtitlan, la superba capitale del mondo atzeco, fu saccheggiata e distrutta. L’immane tragedia che ha accompagnato la conquista del Messico da parte degli spagnoli, sancisce per un verso la completa caduta del regno degli aztechi e per l’altro l’affacciarsi di una nuova cultura e civiltà originata dalla mescolanza tra vincitori e vinti. E’ in questo contesto che, dieci anni dopo, va collocata l’apparizione della Madonna a un povero indio di nome Juan Diego, nei pressi di Città del Messico. La mattina del 9 dicembre 1531, mentre sta attraversando la collina del Tepeyac per raggiungere la citta’, l’indio e’ attratto da un canto armonioso di uccelli e dalla visione dolcissima di una Donna che lo chiama per nome con tenerezza. La Signora gli dice di essere "la Perfetta Sempre Vergine Maria, la Madre del verissimo ed unico Dio" e gli ordina di recarsi dal vescovo a riferirgli che desidera le si eriga un tempio ai piedi del colle. Juan Diego corre subito dal vescovo, ma non viene creduto.
Tornando a casa la sera, incontra nuovamente sul Tepeyac la Vergine Maria, a cui riferisce il suo insuccesso e chiede di essere esonerato dal compito affidatogli, dichiarandosene indegno. La Vergine gli ordina di tornare il giorno seguente dal vescovo, che, dopo avergli rivolto molte domande sul luogo e sulle circostanze dell’apparizione, gli chiede un segno. La Vergine promette di darglielo l’indomani. Ma il giorno seguente Juan Diego non puo’ tornare: un suo zio, Juan Bernardino, è gravemente ammalato e lui viene inviato di buon mattino a Tlatelolco a cercare un sacerdote che confessi il moribondo; giunto in vista del Tepeyac decide percio’ di cambiare strada per evitare l’incontro con la Signora. Ma la Signora è la’, davanti a lui, e gli domanda il perche’ di tanta fretta. Juan Diego si prostra ai suoi piedi e le chiede perdono per non poter compiere l’incarico affidatogli presso il vescovo, a causa della malattia mortale dello zio. La Signora lo rassicura, suo zio e’ gia’ guarito, e lo invita a salire sulla sommita’ del colle per cogliervi i fiori. Juan Diego sale e con grande meraviglia trova sulla cima del colle dei bellissimi "fiori di Castiglia": è il 12 dicembre, il solstizio d’inverno secondo il calendario giuliano allora vigente, e né la stagione nè il luogo, una desolata pietraia, sono adatti alla crescita di fiori del genere. Juan Diego ne raccoglie un mazzo che porta alla Vergine, la quale pero’ gli ordina di presentarli al vescovo come prova della verita’ delle apparizioni. Juan Diego ubbidisce e giunto al cospetto del presule, apre il suo mantello e all’istante sulla tilma si imprime e rende manifesta alla vista di tutti l’immagine della S. Vergine. Di fronte a tale prodigio, il vescovo cade in ginocchio, e con lui tutti i presenti. La mattina dopo Juan Diego accompagna il presule al Tepeyac per indicargli il luogo in cui la Madonna ha chiesto le sia innalzato un tempio. Nel frattempo l’immagine, collocata nella cattedrale, diventa presto oggetto di una devozione popolare che si è conservata ininterrotta fino ai nostri giorni. La Dolce Signora che si manifesto’ sul Tepeyac non vi apparve come una straniera. Ella infatti si presenta come una meticcia o morenita, indossa una tunica con dei fiocchi neri all’altezza del ventre, che nella cultura india denotavano le donne incinte. E’ una Madonna dal volto nobile, di colore bruno, mani giunte, vestito roseo, bordato di fiori. Un manto azzurro mare, trapuntato di stelle dorate, copre il suo capo e le scende fino ai piedi, che poggiano sulla luna. Alle sue spalle il sole risplende sul fondo con i suoi cento raggi. L'attenzione si concentra tutta sulla straordinaria e bellissima icona guadalupana, rimasta inspiegabilmente intatta nonostante il trascorrere dei secoli: questa immagine, che non e’ una pittura, nè un disegno, nè e’ fatta da mani umane, suscita la devozione dei fedeli di ogni parte del mondo e pone non pochi interrogativi alla scienza, un po’ come succede ormai da anni col mistero della Sacra Sindone.
La scoperta piu’ sconvolgente al riguardo e’ quella fatta, con l’ausilio di sofisticate apparecchiature elettroniche, da una commissione di scienziati, che ha evidenziato la presenza di un gruppo di 13 persone riflesse nelle pupille della S. Vergine: sarebbero lo stesso Juan Diego, con il vescovo e altri ignoti personaggi, presenti quel giorno al prodigioso evento in casa del presule. Un vero rompicapo per gli studiosi, un fenomeno scientificamente inspiegabile, che rivela l’origine miracolosa dell’immagine e comunica al mondo intero un grande messaggio di speranza. Nostra Signora di Guadalupe, che appare a Juan Diego in piedi, vestita di sole, non solo gli annuncia che e’ nostra madre spirituale, ma lo invita – come invita ciascuno di noi - ad aprire il proprio cuore all'opera di Cristo che ci ama e ci salva. Meditare oggi sull'evento guadalupano, un caso di “inculturazione” miracolosa, significa porsi alla scuola di Maria, maestra di umanita’ e di fede, annunciatrice e serva della Parola, che deve risplendere in tutto il suo fulgore, come l'immagine misteriosa sulla tilma del veggente messicano, che la Chiesa ha recentemente proclamato santo.

Lettera Santo Natale 2019





venerdì 30 novembre 2018

Paradosso Norvegese: l'ideologia gender rifiuta la biologia?


 il video del comico che fece chiudere il " Nordic Gender Institute"
Risultati immagini per paradosso norvegese gender

per accedere al video
https://youtu.be/_50fAgQiMXg


Un documentario scandinavo di successo dimostra l’inconsistenza scientifica di questa ideologia. Dopo il dibattito scaturito, le Istituzioni tagliano i fondi al Nordic Gender Institute
I fautori dell’ideologia della parità di genere, qui in Italia, guardano ai Paesi scandinavi come a dei modelli da seguire. Non tutti sanno, però, che nella progressista Norvegia, ad esempio, l’ideologia gender ha sì conosciuto una fase storica di popolarità, ma oggi si sta sciogliendo come un blocco di ghiaccio nel mare di Barents all’approssimarsi della stagione estiva.

Lo dimostra un fatto su tutti. Nel 2011 il Consiglio dei ministri dei governi nordici ha deciso di sospendere i finanziamenti al Nordic Gender Institute, fervido centro di ricerche sull’uguaglianza di genere nonché bandiera dell’ideologia gender. La decisione è avvenuta a seguito di un dibattito che ha appassionato l’opinione pubblica scandinava per diversi mesi.

A suscitarlo è stata la trasmissione sulla tv nazionale norvegese di un documentario girato dal sociologo e attore Harald Eia, famoso in patria per essere il protagonista di un programma comico. Il documentario si chiama Hjernevask (lavaggio del cervello) e ha il pregio di indagare in modo meticoloso sull’eventuale presenza di fondamenti scientifici dell’ideologia gender, secondo cui donne e uomini sarebbero diversi solo dal punto di vista fisico, poiché le attitudini costituirebbero caratteri non innati bensì appresi da imposizioni culturali da eliminare.

Nella prima puntata Eia prende in esame quello che lui definisce il “paradosso norvegese”. La sua inchiesta parte dall’Università di Oslo, dove incontra Camilla Schreiner, autrice di una ricerca dalla quale emergono dati sorprendenti circa le scelte e gli interessi lavorativi dei due sessi. Dati che dimostrano che in Norvegia, dopo anni di politiche per la parità di genere, le differenze tra uomini e donne sono più marcate rispetto al passato. I cosiddetti “stereotipi” trovano conferma proprio nel Paese che guida la classifica mondiale in campo di rispetto dell’uguaglianza di genere: la dimostrazione è che il 90% degli infermieri sono donne e il 90% degli ingegneri sono uomini.

La conclusione cui giungono gli esperti è quindi che, laddove è concessa maggiore libertà d’espressione senza condizionamenti, le donne e gli uomini esprimono scelte differenti. Teoria corroborata anche da un altro fatto: in Paesi in cui l’uguaglianza di genere resta una chimera (Arabia Saudita, Pakistan, Malesia…), le donne prediligono attività professionali tecniche, giacché vengono viste come un mezzo di emancipazione o, semplicemente, come opportunità lavorative con più offerta.

Ne danno prova, nel documentario, Cathrine Egeland, filosofa che lavora all’Istituto di ricerca del lavoro, e Jørgen Lorentzen, del Centro di ricerca interdisciplinare sul genere dell’Università di Oslo. Quest’ultimo definisce “studi superati” le teorie secondo cui le differenze tra uomini e donne sono dovute, oltre che in parte ad aspetti culturali, anche e soprattutto a fattori biologici. E sorride sarcastico quando l’intervistatore gli fa presente dell’esistenza di qualificate ricerche sull’origine innata delle differenze sessuali.

Per andare al di là di quel ghigno superbo, Eia si mette in viaggio e decide di incontrare personalmente gli autori di quegli studi che Lorentzen ritiene esser “superati”. Attraversa così la Norvegia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti e visita alcune tra le più prestigiose università del mondo. È qui che dialoga con professori di psicologia, medicina e sociologia.

Tutti gli esperti intervistati da Eia affermano che le differenze sessuali sono soprattutto di carattere biologico, ma essi non escludono affatto l’esistenza di influenze ambientali. Al contrario, i pasdaran della “gender theory” si arrogano di negare ogni incidenza biologica fondando le loro tesi soltanto sugli aspetti culturali e – come dicono loro stessi – sulla teoretica, ossia su un’attività priva di finalità pratiche.
da zenit.rog