venerdì 30 novembre 2018

Paradosso Norvegese: l'ideologia gender rifiuta la biologia?


 il video del comico che fece chiudere il " Nordic Gender Institute"
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per accedere al video
https://youtu.be/_50fAgQiMXg


Un documentario scandinavo di successo dimostra l’inconsistenza scientifica di questa ideologia. Dopo il dibattito scaturito, le Istituzioni tagliano i fondi al Nordic Gender Institute
I fautori dell’ideologia della parità di genere, qui in Italia, guardano ai Paesi scandinavi come a dei modelli da seguire. Non tutti sanno, però, che nella progressista Norvegia, ad esempio, l’ideologia gender ha sì conosciuto una fase storica di popolarità, ma oggi si sta sciogliendo come un blocco di ghiaccio nel mare di Barents all’approssimarsi della stagione estiva.

Lo dimostra un fatto su tutti. Nel 2011 il Consiglio dei ministri dei governi nordici ha deciso di sospendere i finanziamenti al Nordic Gender Institute, fervido centro di ricerche sull’uguaglianza di genere nonché bandiera dell’ideologia gender. La decisione è avvenuta a seguito di un dibattito che ha appassionato l’opinione pubblica scandinava per diversi mesi.

A suscitarlo è stata la trasmissione sulla tv nazionale norvegese di un documentario girato dal sociologo e attore Harald Eia, famoso in patria per essere il protagonista di un programma comico. Il documentario si chiama Hjernevask (lavaggio del cervello) e ha il pregio di indagare in modo meticoloso sull’eventuale presenza di fondamenti scientifici dell’ideologia gender, secondo cui donne e uomini sarebbero diversi solo dal punto di vista fisico, poiché le attitudini costituirebbero caratteri non innati bensì appresi da imposizioni culturali da eliminare.

Nella prima puntata Eia prende in esame quello che lui definisce il “paradosso norvegese”. La sua inchiesta parte dall’Università di Oslo, dove incontra Camilla Schreiner, autrice di una ricerca dalla quale emergono dati sorprendenti circa le scelte e gli interessi lavorativi dei due sessi. Dati che dimostrano che in Norvegia, dopo anni di politiche per la parità di genere, le differenze tra uomini e donne sono più marcate rispetto al passato. I cosiddetti “stereotipi” trovano conferma proprio nel Paese che guida la classifica mondiale in campo di rispetto dell’uguaglianza di genere: la dimostrazione è che il 90% degli infermieri sono donne e il 90% degli ingegneri sono uomini.

La conclusione cui giungono gli esperti è quindi che, laddove è concessa maggiore libertà d’espressione senza condizionamenti, le donne e gli uomini esprimono scelte differenti. Teoria corroborata anche da un altro fatto: in Paesi in cui l’uguaglianza di genere resta una chimera (Arabia Saudita, Pakistan, Malesia…), le donne prediligono attività professionali tecniche, giacché vengono viste come un mezzo di emancipazione o, semplicemente, come opportunità lavorative con più offerta.

Ne danno prova, nel documentario, Cathrine Egeland, filosofa che lavora all’Istituto di ricerca del lavoro, e Jørgen Lorentzen, del Centro di ricerca interdisciplinare sul genere dell’Università di Oslo. Quest’ultimo definisce “studi superati” le teorie secondo cui le differenze tra uomini e donne sono dovute, oltre che in parte ad aspetti culturali, anche e soprattutto a fattori biologici. E sorride sarcastico quando l’intervistatore gli fa presente dell’esistenza di qualificate ricerche sull’origine innata delle differenze sessuali.

Per andare al di là di quel ghigno superbo, Eia si mette in viaggio e decide di incontrare personalmente gli autori di quegli studi che Lorentzen ritiene esser “superati”. Attraversa così la Norvegia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti e visita alcune tra le più prestigiose università del mondo. È qui che dialoga con professori di psicologia, medicina e sociologia.

Tutti gli esperti intervistati da Eia affermano che le differenze sessuali sono soprattutto di carattere biologico, ma essi non escludono affatto l’esistenza di influenze ambientali. Al contrario, i pasdaran della “gender theory” si arrogano di negare ogni incidenza biologica fondando le loro tesi soltanto sugli aspetti culturali e – come dicono loro stessi – sulla teoretica, ossia su un’attività priva di finalità pratiche.
da zenit.rog

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