1. PREMESSA
Ci
sembra utile introdurre ricordando che il Natale, seppur sia certamente
la festa dell’anno certamente più amata da ogni persona, non corrisponde a quella più importante
all’interno del cristianesimo cattolico. Se, infatti, Gesù fosse nato
ma non fosse risorto, resterebbe soltanto uno dei tanti grandi saggi che
hanno popolato la storia dell’umanità (come Platone, Aristotele,
Gandhi, Confucio ecc.). Al contrario, Gesù è stato l’unico uomo della storia a dire di sé: “Io sono la via, la verità e la vita, nessuno viene al Padre se non attraverso di me”
(Gv 14, 1-6), e l’unico che ha vinto l’insormontabile ostacolo
dell’uomo, la morte. Per questo la celebrazione cristiana più importante
è la Pasqua, giorno della sua resurrezione, la cui data è fissata storicamente ed è astronomicamente certa:
il 14 del mese ebraico di Nisan, poco prima dell’inizio della festa
ebraica, ovvero all’alba della domenica 9 aprile dell’anno 30 d. C ,
così come la data della sua morte: circa alle 15 pomeridiane del venerdì
7 aprile del medesimo anno 30.
Il Natale è per il cristiano la celebrazione di un evento biblico e salvifico, non il ricordo di una data,
infatti negli stessi Vangeli non c’è nessun riferimento ad una data di
nascita di Gesù, e addirittura soltanto due evangelisti su quattro
parlano della nascita e infanzia del Cristo, mentre gli altri due
cominciano il loro racconto dall’inizio della sua vita pubblica. Anche
nel calendario cristiano il dies natalis in cui si commemora un determinato santo è il giorno della morte, non della nascita.
Soltanto
nel II e III secolo i cristiani cominciarono a prendere in
considerazione anche la data di nascita di Gesù, anche se con una certa
diffidenza. Origene di Alessandria (185-254 d.C.) dichiara infatti che «nelle Scritture sono i peccatori, e non i santi, che celebrano la loro nascita», facendo riferimento alle “feste di compleanno” (natalia) degli imperatori. Nel 200 d.C. Clemente d’Alessandria affermò lamentandosi: «C’è
poi chi, con più minuziosa pedanteria, cerca di assegnare alla nascita
del Salvatore non solo l’anno, ma il giorno: e sarebbe il 25 del mese di
Pachon [ossia il 20 maggio] del ventottesimo anno di Augusto» (Stromati, I,21,145.6).
vedi link UCCR
vedi link UCCR
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2. IL 25 DICEMBRE HA UN’ORIGINE PAGANA?
Come affermato nell’introduzione, la vulgata corrente ritiene che il 25 dicembre sia una data convenzionale, scelta appositamente dalla chiesa primitiva per sostituire la festa pagana del Sol invictus.
Accuse varie. Alcuni utilizzano questa argomentazione come preambolo per sostenere che il cristianesimo si sarebbe imposto con la forza sul paganesimo,
distruggendo e appropriandosi di tutto quanto era a lui pre-esistente.
In realtà, come sappiamo, quella pagana fu una festa che decadde
lentamente da sola con il trascorre del tempo, fino all’editto di
Teodosio del febbraio 380 d.C. (del rapporto tra cristianesimo primitivo
e paganesimo parleremo approfonditamente in altra sede, comunque).
Altri si appoggiano a tale tesi per affermare l’inesistenza storica di Gesù Cristo, inventato da personaggi misteriosi che avrebbero letteralmente copiato le sue gesta dalla divinità pagana Mitra, la cui festa si celebrava appunto il 25 dicembre. In realtà le prime notizie sulla storia di Mitra risalgono al II secolo, certamente sono posteriori ai Vangeli. Christopher Butler ha catalogato
i presunti paralleli tra Gesù e Mitra, trovando una enorme discordanza e
nessun riferimento al 25 dicembre come il compleanno della divinità
pagana (anche di questo parleremo approfonditamente in un altro
articolo). Qualcuno infine sostiene che il Natale cristiano non si basi
affatto sul “Sol Invictus”, ma sulle feste “Saturnali” dedicate all’insediamento nel tempio del dio Saturno. In realtà esse non sono mai state celebrate il 25 dicembre, si svolgevano
dal 17 al 23 dicembre e non avrebbe avuto alcun senso far cadere il
Natale cristiano dopo due giorni dal termine delle celebrazioni.
Descrizione dei fatti. Rimaniamo sull’origine pagana del Natale di Cristo, come tentativo di scalzare la festa del Sol Invictus. Nei primi due secoli la data di nascita del Cristo non era la stessa
per tutti i luoghi: in Oriente alcuni celebravano il Natale il 20
maggio, altri il 20 aprile; altri ancora il 17 novembre. In Occidente in
alcune zone si celebrava il 28 marzo; mentre in altre regioni già si
era scelto il giorno del 25 dicembre. Solo nel IV secolo in Occidente si
pervenne ad una concordanza su questa data, fissando in tal modo
l’attenzione sulla realtà umana di Cristo.
La prima data in cui si certifica chiaramente la festa cristiana del 25 dicembre è il 336 d.C., ovvero quando venne scritta la Depositio Martyrum, un primo tentativo di calendario liturgico, nel quale accanto al 25 dicembre si legge: “natus Christus in Betleem Iudeae”. Tuttavia nel 275 d.C., sessantuno anni prima, l’imperatore romano Aureliano eresse un tempio a Roma, istituendo un collegio sacerdotale e fissando la data del dies natalis del Sol invictus
al 25 dicembre. Tale festa avveniva durante il solstizio d’inverno (la
“rinascita” del sole), ovvero tra il 22 e il 24 dicembre (nell’emisfero
Nord). Occorre precisare che nessuna fonte storica
contemporanea ad Aureliano, o a lui precedente, testimonia una festa del
sole il 25 dicembre. La prima attestazione in questo senso risale alla Cronografia del 354 (detta anche Calendario filocaliano), un composito testo cristiano databile appunto nel 354 d.C. e redatto a Roma. Nello stesso documento (nella 12° parte) compare anche il già citato Depositio Martyrum, del 336 d.C., in cui si riporta il festeggiamento della nascita di Cristo al 25 dicembre.
Non c’è dunque certezza su chi abbia per primo usato
la data del 25 dicembre come festa propria: sono stati i cristiani a
far calare la nascita di Cristo sulla festa del Sole Invitto, sono stati
i pagani a tentare di contenere l’esplosione della nuova religione
nell’impero romano, oppure le due date sono state scelte in modo
indipendete?
Sostenitori della tesi “pagana”. Secondo diversi studiosi (H. Usener 1889, H. Lietzmann, FJ Dölger 1925 e Bernard Botte 1932), compresa anche
l’enciclopedia Treccani, sarebbero stati cristiani ad “arrivare dopo”:
avrebbero identificato la nascita di Gesù il 25 dicembre per “cristianizzare” la festa pagana. E’ un’ipotesi avanzata tardivamente, verso la fine del XII secolo dal vescovo siriano Jacob Bar-Salibi,
il quale ha sostenuto che la festa di Natale è stata effettivamente
spostata dal 6 gennaio al 25 dicembre in modo da cadere sulla stessa
data della festa pagana: «era costume dei pagani celebrare al 25
dicembre la nascita del Sole, in onore del quale accendevano fuochi come
segno di festività. Anche i Cristiani prendevano parte a queste
solennità. Quando i dotti della Chiesa notarono che i Cristiani erano
fin troppo legati a questa festività, decisero in concilio che la “vera”
Natività doveva essere proclamata in quel giorno.». (J. Bar-Salibi da Christianity and Paganism in the Fourth to Eighth Centuries, Ramsay MacMullen. Yale, 1997, p. 155). Tuttavia tale spiegazione risulta essere in contrasto
con il fatto che i primi cristiani erano ridicolizzati e perseguitati
proprio perché non partecipavano alle feste e alle celebrazioni pagane
(dato che adoravano un invisibile Dio, furono definiti “atei” dai
pagani). In ogni caso l’idea è stata ripresa da studiosi dei secoli
tardo XVII, sopratutto da puritani inglesi e scozzesi presbiteriani e da Paul Ernst Jablonski, un tedesco protestante con l’intenzione di
dimostrare che la celebrazione della nascita di Cristo il 25 dicembre è
stata una delle tante “paganizzazioni” del cristianesimo che la Chiesa
del IV secolo ha abbracciato
Altri sostengono che fu l’Imperatore Costantino -cultore del Dio Sole prima di abbracciare la fede cristiana- a trasformare nel 330 d.C. la festa pagana del Deus Sol Invictus
del 25 dicembre in festa cristiana. Infatti nei primi tre secoli del
Cristianesimo, la nascita di Cristo aveva date diverse: 18 aprile, 29
maggio, per S.Cipriano era il 28 marzo, secondo Clemente Alessandrino il
20 maggio o il 10 gennaio o il 6 gennaio, poi prevalse la decisione di
Costantino. La nostra tradizione avrebbe cominciato
a festeggiare il Natale il 25 dicembre dopo il Concilio di Nicea (325),
quando il cristianesimo si diffuse grazie alla libertà di culto.
Obiezioni e sostenitori della tesi “cristiana”.
La pensano diversamente altri studiosi. Essi sottolineano innanzitutto
che la prima citazione della celebrazione del Natala cristiano al 25
dicembre proviene da Ippolito di Roma (martirizzato nel 235 d.C.), quando nel suo Commentario su Daniele risalente al 203 d.C., scrive: «La
prima venuta di nostro Signore, che nella carne, nella quale egli
nacque a Betlemme, ebbe luogo otto giorni prima delle calende di
gennaio», vale a dire otto giorni prima del 1° gennaio, cioè il 25
dicembre. Dunque l’uso di tale data da parte dei cristiani sarebbe
accertata 133 anni prima di quella usata per il Sol Invictus
(336 d.C.), tuttavia su questo passo di Ippolito non c’è una unanimità
di consensi: per alcuni esegeti è considerato come interpolato
successivamente (cfr. B. Altaner, O. Bardenhewer e F. X. Funk), mentre
altri lo vedono come autentico (W. Bauer, A. Harnack e M. Lefèvre). Il
documento unanimemente accettato rimane dunque quello che attesta tale
data al 336 d.C. Lo studioso Michele Loconsole, ha affermato anche che la Chiesa primitiva, soprattutto d’Oriente, aveva fissato la data di nascita di Gesù al 25 dicembre già nei primissimi anni successivi alla sua morte.
Il dato è stato ricavato dallo studio della primitiva tradizione di
matrice giudeo-cristiana – risultata fedelissima al vaglio degli storici
contemporanei – e che ha avuto origine dalla cerchia dei familiari di
Gesù, ossia dalla originaria Chiesa di Gerusalemme e di Palestina. Steven Hijmans, docente di arte romana e archeologia presso l’University of Alberta, ha sostenuto che «rappresentare la religione pagana come una potenziale minaccia al cristianesimo, non è supportata da alcuna prova evidente.
L’affermazione che il 25 dicembre era un festa particolarmente popolare
per il Sol Invictus nella tarda antichità è altrettanto infondata
[...]. non vi è alcuna prova che Aureliano istituì una celebrazione del
Sol Invictus in quel giorno. Non vi è alcuna prova che una celebrazione
religiosa del Sol Invictus in quel giorno abbia preceduto la
celebrazione del Natale». Nel suo studio egli mette fortemente in
dubbio la tesi che il Natale sia stato istituito il 25 dicembre per
contrastare una popolare festa pagana.
Si
sottolinea inoltre che prima del 354 d.C, ancora durante il regno di
Licinio (imperatore dal 308 al 324 d.C.) il culto al dio solare veniva
celebrato il 19 dicembre, e non il 25 (cfr. l’iscrizione citata da Allan S. Hoey, Official Policy towards Oriental Cults in the Roman Army,
Transactions and Proceedings of the American Philological Association
(70) 1939, pp 456-481, a p. 480, nota 128, citato da M. Loconsole, “La festa del Natale precede quella pagana del dio sole“, Zenit 6/01/10 e W.J. Tighe, Calculating Christmas). Si aggiunge poi che questa antica festa astronomica veniva celebrata anche in diverse altre date dell’anno,
tra cui spesso veniva scelto il periodo compreso tra il 19 e il 22
ottobre. Quella del 25 dicembre si sarebbe imposta soltanto dopo la metà
del IV secolo d.C. (cfr. M. R. Salzman, New Evidence for the Dating of the Calendar at Santa Maria Maggiore in Rome, Transactions of the American Philological Association (111) 1981, pp. 215-227, a p. 221, citata da M. Loconsole, “La festa del Natale precede quella pagana del dio sole“, Zenit 6/01/10).
Secondo Thomas Talley, l’imperatore Aureliano avrebbe inaugurato la festa del Sol Invictus
cercando di dare nuova vita – una rinascita – ad un morente Impero
Romano. E’ molto più probabile, egli sostiene, che l’azione
dell’imperatore sia stata una risposta alla crescente popolarità e alla
forza della religione cattolica, che celebrava la nascita di Cristo il
25 dicembre, e non il contrario (T. Talley, The Origins of the Liturgical Year,
Collegeville, MN: Liturgical Press, 1991, pag. 88-91). Aureliano, lo
ricordiamo, fu effettivamente un forte persecutore di cristiani.
Inoltre diversi autori cristiani contemporanei ai fatti, come Ambrogio (c. 339-397) hanno avanzato una connessione
tra il solstizio d’inverno e la nascita di Gesù, descrivendo Cristo
come il vero sole che ha eclissato gli dei caduti del vecchio ordine, ma
mai alludendo a una “operazione politica” della Chiesa, piuttosto osservando la coincidenza come un segno provvidenziale,
come prova naturale che Dio aveva scelto Gesù nel corso dei falsi dei
pagani. Si fa anche presente che a Petovio (l’attuale Ptuj, in
Slovenia), è stata recuperata la testimonianza di Vittorino che verso la fine del III secolo afferma: «Abbiamo
trovato, tra le carte di Alessandro, che fu Vescovo a Gerusalemme, ciò
che egli trascrisse di suo pugno da documenti apostolici: l’ottavo
giorno delle calende di gennaio [ossia il 25 dicembre] è nato Nostro Signore Gesù Cristo, sotto il consolato di Sulpicio e Camerino […]» Alessandro morì nel 251 d.C. Inoltre, lo riprenderemo più avanti, occorre tenere presente che la festività dell’Annuncio dell’arcangelo Gabriele a Zaccaria è una festa presente nella Chiesa primitiva giudeo-cristiana fin dal I secolo,
e che la sua memoria al 23 settembre faceva ricavare conseguentemente
la nascita di Gesù all’incirca 15 mesi dopo, cioè al 25 dicembre (il
motivo sarà esplicitato più sotto).
Occorre anche ricordare che fino a quando non è stato pubblicato l’Editto di Milano (313 d.C.), i cristiani erano fortemente perseguitati
e si rifugiavano frequentemente nelle catacombe. Quindi, anche se
avessero festeggiato il Natale al 25 dicembre non lo avrebbero certo
fatto in modo pubblico, inoltre fin da subito hanno rivendicato una
propria identità in opposizione al loro ambiente culturale, soprattutto
in relazione ad altre religioni. Esisterebbero infatti inni e preghiere
dei primi cristiani che mostrano il festeggiamento del Natale prima
dell’Editto di Costantino (Daniel-Rops, Prières des Premiers Chrétiens, Paris: Fayard, 1952, pp 125-127, 228-229, citato in M.T. Horvat, Christmas Was Never a Pagan Holiday). Si ricorda infine quanto dice Agostino di Ippona
nel 400 d.C., il quale parla di un gruppo locale di dissidenti
cristiani, i donatisti, i quali festeggiavano il Natale il 25 dicembre,
rifiutandosi però di celebrare l’Epifania il 6 gennaio, considerandola
come una novità. Dal momento che il gruppo donatista è emerso solo
durante la persecuzione nel 312 d.C, sotto Diocleziano nel 312 d.C., per
poi rimanere ostinatamente attaccato alle pratiche di
quel momento, questa sembra una tesi a favore della originalità
cristiana. Come già detto, infatti, la prima data certa che attesta al
25 dicembre la festa pagana del Sol Invictus è datata 336 d.C.
La stessa tesi è sostenuta infine anche da William J. Tighe, docente di storia presso il Muhlenberg College di Allentown (Pennsylvania). Egli spiega chiaramente che «la
scelta del 25 dicembre è il risultato di tentativi tra i primi
cristiani di capire la data di nascita di Gesù in base a calcoli
calendariali, che non avevano niente a che fare con le feste pagane.
Piuttosto, la festa pagana della “Nascita del Sole Invitto”, istituita
dall’imperatore romano Aureliano il 25 dicembre 274, fu quasi certamente
un tentativo di creare una valida alternativa pagana a una data che era già di una certa importanza per i cristiani romani»
La “tesi pagana” non imbarazza i cristiani. Volendo comunque dare credito alla prima tesi, ovvero all’originalità pagana della festa, alcuni parlano di usurpazione impropria e illegittima da parte della Chiesa cristiana, finalizzata a “ingannare” il popolo. In realtà, come spiegato sull’Enciclopedia Treccani, in qualunque incontro tra culture diverse fenomeni di assimilazione e sostituzione sono comuni: il cristianesimo primitivo ha preferito coglierne il significato simbolico e trasferirlo in Cristo, così come ha valorizzato
diversi elementi della cultura greco romana (pensiamo ai termini
“tempio”, “sacerdote”, “pontefice”, l’aureola, i concetti
di sostanza, logos, anima o i numerosi templi pagani dell’impero non
distrutti ma convertiti al culto cristiano). L’inculturazione della fede è un fenomeno normale, comune e legittimo della vita della Chiesa, si tratta
della trasformazione, dell’integrazione e del potenziamento dei valori
che si incontrano nelle civiltà in cui si innesta il cristianesimo. Esse
non vengono cancellate, ma valorizzate attraverso una spiritualità nuova.
L’importante, teologicamente parlando, è che essa non produca
l’abbandono di alcuni dogmi cristiani o l’introduzione di credenze
pagane, producendo così una nuova religione sincretistica, ma questo
ovviamente non è il caso della natalità di Cristo, la cui vicenda rimane unica, irripetibile e radicale. Come ha spiegato Elesha Coffman, storica presso la Waynesburg University, è stato «uno sforzo per rimodellare la cultura -anche le festività- in modo positivo».
A
conferma della legittimità della Chiesa di questa inculturazione del
paganesimo, troviamo tra i sostenitori di tale tesi anche Benedetto XVI,
il quale nel 2006 ha sostenuto la stessa ipotesi dimostrando che
aderire ad essa non comporta affatto nessun imbarazzo per i cristiani. Ha scritto infatti: «Il
mondo in cui sorse la festa di natale era dominato da un sentimento che
è molto simile al nostro [...]. Il 25 dicembre, al centro com’è dei
giorni del solstizio invernale doveva essere commemorato come il giorno
natale, ricorrente ogni anno, della luce che si rigenera in tutti i
tramonti [...] Quest’epoca, nella quale alcuni imperatori romani avevano
cercato di dare ai loro sudditi in mezzo all’inarrestabile caduta
delle antiche divinità, una fede nuova con il culto del sole invitto,
coincide col tempo in cui la fede cristiana tese la sua mano
all’uomo greco-romano. Essa trovò nel culto del sole uno dei suoi
nemici più pericolosi. Tale segno, infatti, era posto troppo palesemente
davanti agli occhi degli uomini, in maniera molto più palese e
allettante del segno della croce, col quale procedevano gli araldi
cristiani. Ciononostante, la fede e la luce invisibile di questi
ultimi ebbero il sopravvento sul messaggio visibile, col quale
l’antico paganesimo aveva cercato di affermarsi. Molto presto i
cristiani rivendicarono per loro il 25 dicembre il
giorno natale della luce invitta, e lo celebrarono come natale di
Cristo, come giorno in cui essi avevano trovato la vera luce del mondo.
Essi dissero ai pagani: il sole è buono e noi ci rallegriamo non meno di
voi per la sua continua vittoria, ma il sole non possiede alcuna forza
da se stesso. Può esistere e aver forza solo perché Dio lo ha creato.
Esso ci parla quindi della vera luce, di Dio. E il vero Dio che si deve
celebrare, la sorgente originaria di ogni luce, non la sua opera, che
non avrebbe alcuna forza da sola».
Il Pontefice ha quindi concluso la sua riflessione:
«sentiamo che il dialogo del cristiano con gli adoratori romani del
sole è, al tempo stesso, il dialogo del credente di oggi col suo
fratello incredulo è il dialogo incessante tra fede e mondo [...]. Noi
possediamo la certezza divina che la luce ha già vinto nella profondità
occulta della storia e che tutti i progressi del male nel mondo, per
grandi che essi siano, non possono assolutamente cambiare le cose. Il
solstizio invernale della storia si è irrevocabilmente verificato con la nascita del bambino di Betlemme» (J. Ratzinger, Chi ci aiuta a vivere? Su Dio e l’uomo, Queriniana 2006, pagg. 97-103).
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3. IL 25 DICEMBRE HA UN’ORIGINE CRISTIANA-SIMBOLICA?
Diversi
studiosi hanno avanzato un’altra tesi rispetto a quella precedentemente
esposta: hanno anch’essi appoggiato l’idea per la scelta del 25
dicembre sia stata convenzionale/simbolica da parte della chiesa primitiva, ma affermano che essa sia stata identificata usando criteri indipendenti e non necessariamente legati alle feste pagane, anche se sovrapponibili.
Ipotesi del calcolo. Per la scelta del 25 dicembre, in modo indipendente dalla festa pagana, ci sarebbe la cosiddetta “ipotesi del calcolo“ o “teoria computazionale”, ed è stata suggerita da L. Duchesne (1889), H. Engberding (1949) e ripresa da Thomas Talley (1991). Essa, si basa sulla tradizione dei patriarchi ebrei che vuole che essi siano morti nella data del loro compleanno
(calcolando con un numero intero di anni, dato che le frazioni di anni
erano ritenute imperfezioni): essendo il Cristo un essere perfetto,
anche per lui la data del giorno in cui fu concepito doveva essere la
stessa data della sua morte, così da rendere perfetto il ciclo delle
feste. Nel 207 d.C. Tertulliano ha identificato come data di morte del Cristo il 25 marzo (8° giorno alle calende d’Aprile) dell’anno 29 (cfr. Tertulliano, Contro i Giudei
8,18), una scelta certamente simbolica, legata all’equinozio di
primavera del calendario romano (il giorno perfetto, dove la notte ed il
giorno si equilibrano) e alla ipotetica creazione del mondo secondo la
tradizione ebraica (come del sacrificio di Abramo e del passaggio del
mare rosso). Assumendo tale data, anche il concepimento del Cristo
(l’annuncio a Maria) sarebbe avvenuto il 25 marzo e dunque la nascita nove mesi dopo, al 25 dicembre (solstizio d’inverno).
S. Agostino è testimone della tradizione secondo cui Cristo fu concepito e morì il 25 marzo: “Octavo enim Kalendas apriles conceptus creditur quo et passus» (De Trinitate IV, 5 ; cf. De diversis quaestionibus, 56) e la stessa cosa affermò nel 221 d.C. Sesto Giulia Africano, il quale nel suo Chronographiai,
pose al 25 marzo sia la data della passione di Cristo che quella
dell’annuncio a Maria (concepimento di Gesù). Abbiamo poi già citato Ippolito di Roma,
il quale nel 203 d.C. certifica la festa del Natale cristiano al 25
dicembre, anche se in molti lo ritengono un’informazione aggiunta
posteriormente e la testimonianza di Vittorino sul vescovo di
Gerusalemme, Alessandro, il quale, prima del 251 d.C. affermò il 25 dicembre come festa cristiana.
Una variante della stessa tesi è basata
sull’astronomia: secondo le idee del tempo si riteneva che la creazione
del mondo fosse avvenuta all’equinozio di primavera, assegnato allora
al 25 di marzo (non al 21). Ragionando secondo questa idea, si riteneva
che anche la seconda creazione, ossia la concezione di Cristo nel seno
di Maria, doveva essere avvenuta il 25 di marzo. Ne derivava di
conseguenza che la nascita del Salvatore andava assegnata al 25
dicembre, nove mesi dopo la sua concezione.
Ipotesi del Cristo-Luce del mondo.
Un’altra considerazione, con basi astronomiche ma anche bibliche,
confermava gli antichi in questo loro ragionamento. E’ noto infatti come
verso il 25 dicembre il sole riprende la sua ascesa dopo il solstizio
invernale. Era questo un particolare che induceva gli antichi a collegarvi il sorgere dei Sole di giustizia, che è Cristo Signore. E’ molto probabile infatti che i cristiani abbiano interpretato il ben radicato simbolismo solare presente nelle Scritture come profezia dell’incarnazione di Dio in Gesù Cristo, scegliendo quindi la data del 25 dicembre (solstizio d’inverno). Ad esempio il profeta Malachia fa dire a Dio: «la
mia giustizia sorgerà come un sole e i suoi raggi porteranno la
guarigione…il giorno in cui io manifesterò la mia potenza, voi
schiaccerete i malvagi» (Libro di Malachia, 3, 20-21). Questa analogia tra la manifestazione di Dio e il sorgere del sole risale al Libro di Isaia (Is 30, 26 e Is 62, 1) ed è ripreso anche nel Libro della Sapienza
(Sap 5, 6). Sarà lo stesso Gesù ad applicarle a se stesso le parole di
Isaia (Matteo, 4, 16), come fece anche in questa occasione: «Io sono la luce del mondo. Chi crede in me non cammina nelle tenebre» (Gv, 8, 12). Questa interpretazione è implicita già nel primo capitolo del vangelo di Luca (Lc 1, 79-79), in cui Zaccaria profetizza che: «Grazie
alla bontà misericordiosa del nostro Dio verrà a visitarci dall’alto un
sole che sorge, per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e
nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace» (Lc, 1, 79 s.), ed infatti nel capitolo successivo Gesù è presentato come «luce per illuminare le nazioni» (Lc 2, 32). Il simbolismo teologico “Cristo-Luce del mondo” è caratteristico anche del Vangelo di Giovanni (Gv 1, 4-9) e delle Lettere di San Paolo
(ad es. Ef 5,14), esso ricorda inoltre sia la Trasfigurazione, durante
la quale il volto di Cristo splendeva come il sole (Mt 17, 2), sia
soprattutto la Resurrezione, di cui il risorgere quotidiano del sole può
essere considerato una metafora. Anche nell’Apocalisse di Giovanni
quando Cristo appare all’apostolo: «il suo volto era come il sole quando splende con tutta la sua forza»
(1, 16). Anche Sant’Ambrogio (c. 339-397), come citato sopra, connette
il solstizio d’inverno e la nascita di Gesù senza alludendo ad alcuna
sostituzione della festa pagana, ma riconoscendo in essa un segno
provvidenziale. Steven Hijmans, docente di arte romana e archeologia presso l’University of Alberta, ha sostenuto
esattamente questa tesi, facendo notare come i cristiani guardassero
con attenzione al solstizio d’inverno e alla considerazioni cosmiche, la
sua conclusione è chiara: «E’ stato il simbolismo cosmico che ha
ispirato la leadership della Chiesa di Roma per eleggere il solstizio
d’inverno, il 25 dicembre, come il compleanno di Cristo, e il solstizio
d’estate, come quello di Giovanni Battista, integrato dagli equinozi
delle loro rispettive date di concepimento. Mentre erano a conoscenza
che i pagani chiamavano questo giorno come il “compleanno” del Sol
Invictus, questo non ha giocato alcun ruolo nella scelta della data per il Natale».
Una conferma di tutto questo arriva anche dall’arte: i primi cristiani avvertivano infatti la necessità
di manifestare questa loro fede anche con le arti figurative. Ci sono
arrivati diversi affreschi e mosaici che paragonano Cristo al sole. Un
esempio per tutti si trova nella necropoli vaticana dove nel mosaico del
soffitto del mausoleo M, composto tra il 150-180 d.C., abbiamo la
raffigurazione di Cristo-Sole che ascende al cielo.
Secondo queste tesi, dunque, la scelta del 25 dicembre vene identificata in modo totalmente autonomo e indifferente
dal fatto che la stessa data o periodo di tempo fosse già usata dalle
feste pagane. Le due feste potrebbero dunque essere sorte pressoché contemporaneamente, parallelamente e senza alcuna intenzione di mutua incidenza.
E’ anche possibile comunque che la volontà di sostituire la festa
pagana sia coesistente alla scelta del 25 dicembre per motivi
prettamente biblici-astronomici.
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4. IL 25 DICEMBRE E’ LA VERA DATA DI NASCITA DI GESU?
Altri studiosi si discostano dalle due tesi precedenti e affermano che il 25 dicembre non è affatto una data simbolica-convenzionale, ma è la vera data storicamente esatta della nascita di Cristo
Tesi archeologico-biblica. Tale tesi (qui ben spiegata in italiano) è basata sulle importanti scoperte archeologiche di Qumran, grazie al Calendario di Qumran e
al ritrovamento sopratutto del Libro dei Giubilei (II secolo
a.C.). L’evangelista Luca riferisce che l’arcangelo Gabriele annunciò a
Zaccaria la nascita del figlio Giovanni Battista, mentre egli stava
svolgendo le sue funzioni sacerdotali davanti a Dio nel tempio, nel
turno di Abia (Lc 1,62). Nel 1953 la grande specialista francese Annie Jaubert ha studiato
il calendario del Libro dei Giubilei, scoprendo che numerosi frammenti
di tale testo dimostrano non solo che esso era stato fatto proprio dagli
esseni, ma che essi lo avevano usato almeno fino al I secolo d.C. (A. Jaubert, Le calendrier des Jubilées et de la secte de Qumran. Ses origines bibliques, in “Vetus Testamentum, Suppl.” 3 (1953) pp. 250-264). Nel 1958, lo studioso ebreo Shemarjahu Talmon,
docente presso l’Università di Gerusalemme, ha ricostruito le
turnazioni sacerdotali degli ebrei e, applicandole al calendario
gregoriano, ha scoperto che la classe sacerdotale del turno di
Abia svolgeva le sue funzioni due volte l’anno, e una di esse
corrispondeva all’ultima decade di settembre (cfr. The Calendar Reckoning of the Sect from the Judean Desert. Aspects of the Dead Sea Scrolls, in Scripta Hierosolym itana, vol. IV, Jerusalem 1958, pp. 162-199). Risulta dunque storicamente attendibile
la data tradizionale attribuita alla nascita di Giovanni Battista (24
giugno), avvenuta nove mesi dopo l’annuncio di Gabriele a Zaccaria (23
settembre)
Altri studiosi, stimolati da tale scoperta, hanno ricostruito la “filiera” di quella tradizione dei cristiani orientali che pone proprio tra il 23 e il 25 settembre
l’annuncio a Zaccaria, giungendo alla conclusione che essa proveniva
direttamente dalla Chiesa primitiva, giudeo-cristiana, di Gerusalemme.
Tornando alle implicazioni di tale scoperta -passata quasi inosservata,
purtroppo-, se è storicamente attendibile la data della nascita di
Giovanni Battista (24 giugno), avvenuta nove mesi dopo l’annuncio di
Gabriele a Zaccaria (23 settembre), allora ne consegue anche il
fondamento storico dell’annunciazione dell’arcangelo Gabriele a Maria
(e il concepimento verginale di Gesù) avvenuta “sei mesi dopo”, quindi
nel marzo dell’anno successivo (il 25 marzo, secondo il calendario
cattolico, come affermato nel 221 d.C. (circa) da Sesto Giulio Africano in Chronographiai): «vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio» (Lc 1, 26-37).
Ovviamente,
infine, essendoci sei mesi di distanza tra la nascita di Giovanni
Battista e Gesù, tutto questo implica che anche la data del 25 dicembre,
(nove mesi dopo), per determinare la nascita di Gesù, è storicamente fondata. Di conseguenza, come spiegato
dal biblista Tommaso Federici, è una data storica anche quella della
santa circoncisione, avvenuta otto giorni dopo la nascita, secondo la
legge di Mosè (Lev 12, 1-3) e così, quaranta giorni dopo la nascita, il 2
febbraio, la “presentazione” di Gesù al tempio.
Di questa importante tesi ne ha parlato anche Antonio Socci, ed è stata sostenuta anche da Vittorio Messori, che inizialmente aderiva all’ipotesi della scelta arbitraria da parte cristiana per contrastare la festa pagana.
L’obiezione dei pastori. Una postilla finale: contro la nascita di Gesù il 25 dicembre viene spesso citato il fatto che in Palestina i pastori,
non più tardi del 15 ottobre, riportano il loro gregge al riparo per
proteggerlo dal freddo, dalla pioggia e dalla neve. Nei Vangeli, invece,
si legge che la notte in cui ebbero l’annuncio della nascita del
Salvatore, stavano facendo la guardia al gregge all’aperto (Luca 2:8). A questa obiezione ha risposto Michele Loconsole, dottore in Sacra Teologia Ecumenica, il quale ha spiegato
che i giudei distinguono tre tipi di greggi: quello composto da sole
pecore dalla lana bianca, quello formato da pecore la cui lana è in
parte bianca, in parte nera e quello formato da pecore la cui lana è
nera: questi ultimi animali, ritenuti impuri, non possono entrare né in
città né nell’ovile, neppure dopo il tramonto, quindi costretti a permanere all’aperto con i loro pastori sempre, giorno e notte, inverno e estate. Inoltre, il testo evangelico riferisce che i pastori facevano turni di guardia: fatto che appare comprensibile solo se la notte è lunga e fredda, proprio come quelle d’inverno. John Stormer ha invece dato
un’altra spiegazione: i pastori solitamente trascorrono la notte nei
campi con il loro gregge quando gli agnelli sono nati da poco. Le pecore
diventano attraenti per i montoni dopo il 21 giugno, e il periodo di
gestazione normale è di cinque mesi, così che i nuovi agnelli nascono a
metà dicembre.
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5. CONCLUSIONE
Abbiamo dunque valutato le tre tesi
dibattute sull’origine del 25 dicembre. Quel che sostiene la vulgata
corrente -compreso Benedetto XVI, come abbiamo visto-, cioè la “cristianizzazione” di una festa pagana
ha alcune buone motivazione ma esistono altrettante valide obiezioni di
cui non si può non tenere conto: è infatti altrettanto probabile che
siano stati i romani a “paganizzare” una festa cristiana. Valida risulta
anche l’ipotesi che le due feste siano state identificate in modo totalmente indipendente
le une dalle altre, i pagani per decisione di Aureliano e i cristiani
in modo simbolico basandosi su riflessioni biblico-astronomiche.
Ad
una osservazione oggettiva risulta tuttavia molto più attendibile la
terza ipotesi, quella basata sugli studi di Annie Jaubert e sopratutto
di Shemarjahu Talmon (ebreo, quindi al di sopra delle parti), i quali
hanno sostenuto che la data del 25 dicembre è storicamente accertata,
e di conseguenza anche tutte le date stabilite dalla tradizione
cristiana che vanno perfettamente a collimare con le scoperte di Qumran:
l’annuncio di Gabriele a Zaccaria della nascita di Giovanni Battista (23 settembre), la nascita di Giovanni Battista avvenuta nove mesi dopo (24 giugno), l’annuncio dell’arcangelo Gabriele a Maria (e il concepimento verginale di Gesù) avvenuta sei mesi dopo (25 marzo) e, infine, la nascita di Gesù avvenuta nove mesi dopo (25 dicembre).
In
ogni caso, anche se si volesse rifiutare quest’ultima tesi e aderire
alla “cristianizzazione” di una festa pagana, è importante ribadire come
già abbiamo fatto che nulla ci sarebbe di imbarazzante per i cristiani:
l’inculturazione manifesta quell’attitudine della chiesa primitiva a
guardare con attenzione al mondo nel quale viveva colui al quale si
annunciava il vangelo, per coglierne quegli aspetti che potessero aiutarlo a comprendere la novità portata dal Cristo, secondo l’adagio paolino: “Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono, fuggire ogni specie di male”
(1Ts 5,21-22). La chiesa di Roma, se si vuole aderire a questa tesi, ha
deciso di celebrare la festa del Natale del Signore, vera luce del
mondo, proprio nel giorno in cui l’uomo pagano si rivolgeva, ormai
incredulo, al Sol invictus, chiedendogli benedizione e salvezza. Nessuno può rinfacciare dunque nulla, lo conferma il fatto che lo stesso Pontefice cattolico aderisce apertamente a questa tesi, che invece per molti dovrebbe “mettere in scacco” i cristiani.
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