San Francesco e San Tommaso - G. K. Chesterton
"Se per caso dovessimo scorgere veramente le sagome di queste due figure,
 (San Tommaso e san Francesco) scendere giù per il pendio avvolte nei 
loro sai, troveremmo il contrasto addirittura comico. Sarebbe un po' 
come scorgere, anche in lontananza, le sagome di Don Chisciotte e Sancho
 Panza.
San Francesco era piccolo di statura, magro e vivace; esile 
come un fuscello e vibrante come la corda di un arco; e nei movimenti 
dritto come una freccia.
Tutta la sua vita fu un susseguirsi di tuffi
 e galoppate: correre dietro al povero, piombare nudo in mezzo ai 
boschi, saltare sullo strano vascello, irrompere nella tenda del sultano
 offrendosi di gettarsi nelle fiamme. Doveva essere all'apparenza come 
un'esile foglia d'autunno bruna e scheletrita eternamente fluttuante nel
 vento; ma in effetti era lui il vento.
San Tommaso era un gran 
pezzo d'uomo, pesante, grasso, lento e placido; dolcissimo e magnanimo 
ma non molto socievole; timido, per non parlare dell'umiltà dei santi, e
 astratto, per non parlare delle occasionali esperienze di rapimento ed 
estasi, tenute accuratamente nascoste.
San Francesco era così 
ardente, agitato addirittura, che gli ecclesiastici, davanti ai quali 
appariva quasi di botto, lo credevano un pazzo. San Tommaso era talmente
 flemmatico che gli studenti delle scuole che egli frequentò con 
regolarità lo credevano un somaro. In effetti, era quel genere di 
studente, non del tutto sconosciuto, che preferisce di gran lunga 
passare per somaro piuttosto che lasciar invadere i propri sogni da 
somari più attivi o dinamici di lui.
Questo contrasto esteriore 
si estende un po' a tutti gli aspetti delle due personalità. II 
paradosso di san Francesco consiste in questo, che, pur amando 
appassionatamente la poesia, nutriva una certa diffidenza per i libri.
Ciò
 che colpisce in san Tommaso è che amava i libri e viveva di libri; 
preferiva cento libri di Aristotele e della sua filosofia ad ogni 
ricchezza che il mondo potesse offrirgli. Quando gli chiesero di che 
cosa più di tutto ringraziasse Dio, rispose semplicemente: «Di aver 
capito ogni pagina che ho letto».
San Francesco era figlio di un 
bottegaio, o un mercante della classe media, e se è vero che tutta la 
sua vita fu una rivolta contro la vita mercantile del padre, è anche 
vero che qualcosa gli rimase di quella sveltezza e adattabilità sociale 
che fa ronzare i mercati come alveari. In altri termini, amante com'era 
del verde dei campi non lasciava che l'erba gli crescesse sotto i piedi.
 Era, come direbbero i milionari o i gangster americani, un filo ad alta
 tensione. Grandissimo, tra tutti i nemici dell'ideale arrivistico, 
aveva certamente rinunciato ad arrivare, ma non certo ad andare.
San 
Tommaso, invece, veniva da un mondo dove avrebbe potuto gustare il 
piacere dell'ozio, e rimase uno di quegli uomini per cui il lavoro ha 
sempre qualcosa della placidità del tempo libero. Era un gran 
lavoratore, ma nessuno lo avrebbe scambiato per un tipo dinamico.
Un
 santo, prima ancora di essere santo, è un uomo; un santo dunque può 
essere fatto di qualsiasi sorta o specie di uomo, e la maggior parte di 
noi sceglierà tra queste differenti tipologie a seconda dei suoi gusti 
personali. Ma io devo confessare che, se l'aureola romantica di san 
Francesco non ha perso nulla del suo fascino per me, negli ultimi anni 
ho cominciato a provare almeno altrettanto affetto, se non di più per 
certi versi, per quest'uomo che inconsciamente era padrone di un grande 
cuore e di una grande testa, come uno che erediti una grande casa, e vi 
profonda un'ospitalità altrettanto generosa, anche se forse un po' più 
distratta. Vi sono momenti in cui san Francesco, l'uomo meno attaccato 
alla Terra di quanti siano passati sulla faccia della Terra, è perfino 
troppo efficiente per i miei gusti.
San Tommaso d'Aquino è riapparso 
di recente, nella cultura corrente delle università e dei salotti, in 
una maniera che solo dieci anni fa sarebbe sembrata decisamente 
sorprendente, e il sentimento che ha fatto nascere intorno a sé è senza 
dubbio ben diverso da quello che rese popolare san Francesco una ventina
 di anni fa."
San Tommaso d'Aquino, G. K. Chesterton 
 
 
 
          
      
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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