Padre Busa, pioniere della linguistica sul web
Padre Roberto Busa ha dedicato quasi 70 anni della sua vita allo studio dell'informatica linguistica. Inventò l'ipertesto attivo di Internet.
«Se navighi in Internet, lo devi a lui. Se usi il pc per scrivere
mail e documenti di testo, lo devi a lui. Se puoi leggere questo
articolo, lo devi, lo dobbiamo a lui». Così, parafrasando un titolo
ispirato all’inventore della penicillina Fleming, l’Osservatore romano
rende omaggio a padre Roberto Busa, gesuita e scienziato, linguista e
pioniere informatico, morto ieri a quasi 98 anni nella residenza della
Compagnia di Gesù a Gallarate.
Il giornale vaticano ricostruisce
l’invenzione dell’ipertesto per Internet, anticipata dal gesuita una
quindicina di anni prima degli studiosi statunitensi, e il rapporto di
Busa con il fondatore dell’Ibm Thomas Watson, che finanziò il suo «Index
Tomisticus», al quale il religioso ha lavorato per 40 anni. Nel 1949
«il gesuita s’era messo in testa di analizzare l’opera omnia di san
Tommaso: un milione e mezzo di righe, nove milioni di parole (contro le
appena centomila della Divina Commedia). Aveva già compilato a mano
diecimila schede solo per inventariare la preposizione ’in’, che egli
giudicava portante dal punto di vista filosofico. Cercava, senza
trovarlo, un modo per mettere in connessione i singoli frammenti del
pensiero dell’Aquinate e per confrontarli con altre fonti. In viaggio
negli Stati Uniti, padre Busa chiese udienza a Thomas Watson, fondatore
dell’Ibm. Il magnate lo ricevette nel suo ufficio di New York.
Nell’ascoltare la richiesta del sacerdote italiano, scosse la testa:
’Non è possibile far eseguire alle macchine quello che mi sta chiedendo.
Lei pretende d’essere più americano di noi. Padre Busa allora estrasse
dalla tasca un cartellino trovato su una scrivania, recante il motto
della multinazionale coniato dal boss - Think, pensa - e la frase «Il
difficile lo facciamo subito, l’impossibile richiede un pò più di tempo».
Lo restituì a Watson con un moto di delusione. Il presidente dell’Ibm,
punto sul vivo, ribattè:
«E va bene, padre. Ci proveremo. Ma a una
condizione: mi prometta che lei non cambierà Ibm, acronimo di
International business machines, in International Busa machines». «È da
questa sfida fra due geni - ricorda l’Osservatore romano - che nacque
l’ipertesto, quell’insieme strutturato di informazioni unite fra loro da
collegamenti dinamici consultabili sul computer con un colpo di mouse»,
che l’americano Ted Nelson definì soltanto nel 1965.
Secondo di
cinque figli di un capostazione padre Busa era nato a Vicenza il 28
novembre 1913, a 16 anni era entrato nel seminario di Belluno dove aveva
fatto amicizia con Albino Luciani, il futuro Giovanni Paolo I. È stato
tra i pionieri dell’uso dell’informatica per l’analisi del testo, la
lessicografia e la ricerca bibliografica. Grazie all’opera da lui
iniziata, la lessicografia e l’ermeneutica testuale ricevono un
contributo decisivo dall’informatica linguistica. Padre Busa ha fondato
nel 1992 la Scuola di Lessicografia ed Ermeneutica, costituita
all’interno della facoltà di filosofia della Pontificia Università
Gregoriana. Lo scienziato gesuita risiedeva dagli anni Sessanta all’
Aloisianum di Gallarate, assieme ai grandi decani gesuiti, tra cui il
cardinale Carlo Maria Martini di cui era amico e interlocutore. Molti i
legami con Varese e Gallarate, città di adozione che ha visto, con Rosa
Piantanida Bassetti, la nascita dei primi atti di mecenatismo
industriale e di cui l’Aloisianum stesso è un’espressione. Tra i libri
più recenti, tutti pubblicati, negli scorsi anni, dalla casa editrice
Spirali, «Rovesciando Babele ossia tornare alle radici d’ogni lingua» e
«Quodlibet, briciole del Mio Mulino» forse l’opera più aperta e pubblica
dello scienziato.
da un articolo su: La stampa 18/08/2011
complimenti, ottimo blog sul tema rapporto scienza/fede, mi ha fatto scoprire cose belle.
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